Jean-Baptiste De Franssu e Antoine De Salinis
Finanza sostenibile o verde, investimenti socialmente responsabili, prodotti finanziari ESG: queste parole sono divenute un ritornello dei consulenti finanziari. Riflettono l’idea che la finanza possa produrre benefici sociali e ambientali, il che può suscitare dei dubbi se si considera la storia recente.
A questo riguardo, il mondo cattolico ha una responsabilità particolare a livello tanto di pensiero quanto di pratiche. L’ammontare dei “capitali cattolici”, ossia le attività finanziarie di proprietà della Chiesa, delle istituzioni a essa collegate, delle congregazioni religiose e dei fedeli, è significativo. Secondo alcune stime, in Europa e negli Stati Uniti si aggirerebbe attorno a 1.600 miliardi di euro, costituendo il secondo mercato finanziario legato a una religione dopo quello islamico, stimato in 4.000 miliardi di euro (cfr Nicholls, Peterson e Sukumaran 2022).
La posta in gioco non è modesta. Per questo è importante che proseguano le iniziative di riforma della gestione delle attività finanziarie della Chiesa, di formazione e condivisione di esperienze, per contribuire a rafforzare una finanza effettivamente più sostenibile a livello mondiale.
Qualcosa ha cominciato a muoversi, permettendo di recuperare un certo ritardo, soprattutto rispetto alle Chiese protestanti e al mondo laico. In Vaticano e in numerose diocesi i responsabili finanziari sono incoraggiati a strutturare con rigore la gestione delle attività, ad aggiornare la propria cultura privilegiando sempre la trasparenza, a impegnarsi in modo attivo e propositivo nella realizzazione di una politica degli investimenti coerente con la fede e in linea con gli insegnamenti della Chiesa.
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