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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Si è inclusivi se non si delegittima l’avversario

Anche nella democrazia dell’alternanza si può e si deve essere inclusivi. E questo per la semplice ragione che l’inclusività è sinonimo di maturità democratica da un lato e di cultura di governo dall’altro. Ma c’è una contraddizione persin troppo palese tra chi sbandiera di essere inclusivo e,

al contempo, delegittima costantemente e perennemente il suo avversario/nemico attraverso un attacco sistematico se non addirittura violento a livello verbale. È il caso del ‘nuovo corso’ del Pd inaugurato da Elly Schlein. E cioè, si dichiara pubblicamente la propria natura inclusiva e autenticamente democratica e pluralista – accompagnata dai gazzettieri quotidiani del circo mediatico giornalistico e televisivo – e, contemporaneamente, si rovesciano quintali di odio e di insulti di ogni genere contro il nemico implacabile ed irriducibile. Che, di norma, è sempre quello che attraverso il voto popolare governa al posto tuo. 

Così è stato per quasi 50 anni con la Democrazia Cristiana, poi con Berlusconi, poi addirittura con Renzi e adesso, e a maggior ragione, con il governo guidato da Giorgia Meloni. Ma, al di là di questo aspetto talmente scontato che non merita neanche di essere commentato, è altrettanto indubbio che questo comportamento porta ad una sola conclusione. E cioè, quando si delegittima moralmente, politicamente e culturalmente l’avversario – che nel frattempo diventa un nemico irriducibile – è abbastanza evidente che si crea un clima politico all’insegna dello scontro frontale dove l’unico elemento che viene scartato a priori è proprio la natura inclusiva da parte di chi si fregia di quell’aggettivo. E, purtroppo, su questo versante emerge il peggio di una prassi politica che, al contrario, dovrebbe invece ispirarsi ad una cultura democratica, riformista e di governo. Certo, quando l’ostentata “superiorità morale” si lega alla radicale delegittimazione politica dell’avversario/nemico si crea un miscela esplosiva dove l’unico elemento che scompare dall’orizzonte è la cosiddetta qualità della democrazia. E questo perché si squalifica tutto ciò che proviene dall’avversario/nemico come espressione del sempreverde fascismo e la conseguente e scontata deriva dittatoriale, illiberale, antidemocratica, anti costituzionale, autoritaria e via scioccheggiando.

Per queste ragioni, semplici e al tempo stesso inquietanti, non si può rivendicare in tutte le piazze di essere culturalmente inclusivi e poi lanciare strali quotidiani contro l’avversario politico accusandolo di ogni nefandezza della vita pubblica. L’ultima notizia di cronaca arriva dal Piemonte dove si vota per il rinnovo del Consiglio Regionale. Ebbene, puntuale come l’arrivo di una stagione meteorologica, anche in Piemonte nell’ultima settimana di campagna elettorale parte l’accusa del Pd di fascismo contro il Presidente Cirio e, almeno pare di capire, contro l’intera coalizione alternativa alla sinistra. Ora, che il fascismo non centri nulla con le elezioni regionali piemontesi è a tutti noto. Ma, semmai, questa ridicola e grottesca polemica evidenzia il ritardo culturale e il settarismo politico di un campo che non riesce a liberarsi dei vecchi fantasmi e che, addirittura, li rispolvera e li usa come una clava da lanciare contro l’avversario. A prescindere, come direbbe Totò.

Si tratta, quindi, e senza alcuna polemica pregiudiziale, di far sì che venga sempre anteposta la qualità della democrazia e la salute del nostro sistema politico alla continua volontà di delegittimare sempre e comunque il proprio avversario/nemico. Ed è proprio per queste ragioni che, se si vuol essere realmente una forza riformista, democratica e di governo ci si deve allontanare da una deriva – squisitamente populista, anti politica, demagogica e quindi grillina – che fa dell’annientamento morale e politico del nemico politico la sua ragion d’essere. Una deriva che, alla fine, rischia di indebolire la stessa cultura della sinistra democratica e riformista.