Non sappiamo cosa Benjamin Netanyahu dirà ai suoi interlocutori americani in questo suo viaggio a Washington ma non è difficile immaginare che uno dei temi che saranno affrontati riguarderà la crescente tensione sul confine libanese di Israele con Hezbollah, l’organizzazione sciita alleata dell’Iran che rappresenta per Gerusalemme una minaccia costante da anni, assai più di Hamas. Detentrice di una potenza di fuoco, missili e droni, imponente e in grado di colpire qualsiasi luogo, qualsiasi città israeliana.
Il rischio concreto di una estensione a nord del conflitto in corso a Gaza, come se la tragedia che si sta consumando nella Striscia non bastasse, è piuttosto possibile. Lo scorso giugno il Ministero della Difesa israeliano ha annunciato di aver approvato un piano per un attacco su larga scala nel Libano meridionale. Ottenendo un paio di settimane dopo la risposta del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah: pronti a lanciare verso le città israeliane decine di migliaia di missili. Un attacco che potrebbe anche non essere reso completamente innocuo dal sistema di difesa missilistica Iron Dome, come accaduto in occasione dei lanci dimostrativi provenienti dall’Iran qualche mese fa. A maggior ragione se contemporaneamente dovesse registrarsi anche un attacco da Gaza, posto che Hamas è ancora in grado di sviluppare una qual certa iniziativa offensiva. Senza dimenticare gli attacchi minacciati, anzi assicurati, dai guerriglieri Houthy.
Sino ad oggi le ragioni avverse a questo terribile scenario sono prevalse, perché oggettivamente nessuno degli attori potenzialmente coinvolti (dunque non solo Israele e Hezbollah, ma anche i loro alleati e, ovviamente, lo stato libanese) ha vero interesse ad iniziare uno scontro che facilmente si trasformerebbe in una guerra regionale. Certamente Biden e Harris intimeranno a Netanyahu di non procedere in nessun modo nell’apertura di un nuovo fronte, e cercheranno anzi di convincerlo a diminuire la pressione su Gaza. Ma è difficile che il premier israeliano dia loro soddisfazione su quest’ultimo punto. Sul primo, invece, il discorso è certamente diverso. Ma è pur vero che Israele negli anni si è preparato a un possibile nuovo conflitto con Hezbollah, senza invece immaginare di doverlo aprire con Hamas.
Perché il punto vero, la domanda vera è questa: lo scontro epocale, quello definitivo, sarà con l’Iran degli ayatollah? È questa l’idea che hanno a Gerusalemme? Una risposta che a questo punto Netanyahu dovrà fornire all’alleato che “nella sua carriera politica molto ha fatto per Israele”.