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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Medio Oriente e Brics, tre sono le notizie importanti.

La Palestina farà domanda di adesione ai Brics, l'Arabia Saudita per ora né accetta né declina l'invito, l'Iran investe sulla ricostruzione della Siria. L’Ue in ritardo, ma Italia e Turchia si muovono.

L’Autorità Nazionale Palestinese presenterà domanda di adesione ai Brics dopo il vertice di Kazan (22-24 ottobre prossimi). Lo ha annunciato l’altro ieri a Mosca in una conferenza stampa l’ambasciatore palestinese in Russia Abdel Hafiz Nofal. Tutti gli attuali nove membri del Coordinamento Brics riconoscono lo stato di Palestina.

La presidenza di turno dei Brics, detenuta quest’anno dalla Federazione Russa, ha reso noto che una intera sessione dei lavori del summit sarà dedicata alla Palestina, e che a questo vertice è stato invitato anche Mahmoud Abbas, presidente dell’Anp. Non è detto che si tratti di una buona notizia. Dipende anche da cosa farà nel frattempo l’Occidente. Probabilmente accelerare i tempi del nostro riconoscimento della Palestina come stato, con le indispensabili garanzie per Israele, potrebbe evitare che l’avvicinamento della Palestina ai Brics si traduca in una spinta verso una ulteriore polarizzazione, anziché in un passo verso la pace.

 

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L’Arabia Saudita, stato chiave del Medio Oriente, pare non aver ancora confermato in via definitiva la sua adesione ai Brics, pur avendo formalmente accettato l’invito ad aderirvi nel gennaio scorso, a differenza dell’Argentina che in seguito al cambio del presidente, nel dicembre dello scorso anno aveva declinato l’invito. Non è chiaro se si tratti di una decisione tattica, per aumentare i margini della sua mediazione, vista la piega che hanno preso gli eventi in quell’area, oppure se di una decisione strategica. Sta di fatto che, ad ora, il Regno Saudita continua a partecipare a tutte le attività del Coordinamento Brics ma in veste di Paese invitato all’adesione e non in veste di Paese membro full fledged come i nuovi arrivati Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia.

 

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L’Iran, membro Brics, ha varato un massiccio piano di aiuti per la ricostruzione della Siria. La Repubblica Islamica sta ricostruendo scuole, ospedali e altre infrastrutture civili in Siria, a partire dalla martoriata Aleppo. Dal nostro punto di vista occidentale si può  osservare che è più insidioso questo, perché genera consenso, che il supporto militare, come Teheran fa in Libano con Hezbollah.

Per questo urge una iniziativa non solo umanitaria ma strategica verso la Siria, Paese fondamentale sia per la soluzione ai conflitti armati dell’area, sia per le rotte commerciali e energetiche, sia per la gestione del fenomeno migratorio. Bisogna dire che l’Italia è lo stato più avanti in questo senso. Il nostro Paese, unico fra quelli G7,  infatti, ha normalizzato le relazioni  diplomatiche con la recente nomina dell’ambasciatore italiano a Damasco nella persona di Stefano Ravagnan, già inviato speciale del Ministero degli Esteri per la Siria.  L’Italia, inoltre, insieme alla Santa Sede, fu l’unico Paese europeo a rompere il tentennamento di fronte al devastante terremoto in Siria dello scorso anno, pronunciandosi subito per l’invio degli aiuti umanitari urgenti nonostante i rischi di strumentalizzazione propagandistica del regime di Assad. Non siamo soli però, in quanto un altro grande Paese della Nato, la Turchia, ha svoltato ormai in direzione della stabilizzazione della martoriatissima Siria e per il rientro dei milioni di profughi siriani dal suo territorio.

Il presidente turco Erdogan in una lunga intervista al magazine americano Newsweek per il Vertice Nato lo scorso 10 luglio ha illustrato la sua visione sul futuro della Siria, anche per non consegnarla ancora di più all’influenza della Russia e dei Brics:

“Siamo noi che combattiamo veramente Daesh.  Siamo l’unico alleato della NATO ad impegnarsi in un combattimento ravvicinato con Daesh.  Ci battiamo per un clima di pace in Siria.  La soluzione a tutti questi conflitti è una nuova unione sociale in Siria sulla base dell’integrità territoriale.  Il nostro desiderio fondamentale è che la Siria non sia una terra in cui le potenze regionali e globali si scontrano con il braccio di ferro, ma uno stato prospero, completamente libero dal terrorismo e governato dai siriani”.

Una presa di posizione di particolare rilievo, perché implica di seguire lo stesso criterio, la fine delle opposte interferenze straniere in cambio della ristabilita integrità territoriale, anche per l’Ucraina.

Purtroppo, occorre constatare con amarezza che in questi processi l’Ue è oggettivamente ostacolata a esprimere una posizione unitaria, soprattutto per ciò che un Paese come la Francia (senza contare il Regno Unito che non è più nell’Ue) ha fatto con disinvoltura sul campo tra Libano e Siria in questo secolo. Ciononostante va esplorato ogni spazio per la diplomazia e il dialogo perché l’Unione Europea, accanto ad altri, possa esercitare un ruolo reciprocamente vantaggioso con i Paesi del quadrante medio-orientale.