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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Dibattito | Sala al centro? Abilmente lusingato il sindaco di Milano.

La proposta vagheggiata dal Pd di un “federatore” di un’area centrista che intanto metta insieme i partiti personali di Renzi e Calenda rientra nel modello dei “partiti contadini” di comunista memoria.

Come da copione, all’interno del “campo largo” – o ex “campo largo” a seconda dei giorni e degli umori dei vari capi partito – la costruzione e la visibilità del centro è sempre più una barzelletta.

Del resto, che in una alleanza stradominata dalla sinistra nelle sue multiformi espressioni il centro sia un elemento del tutto estraneo è un dato oggettivo che non richiede neanche di essere approfondito. E la controprova arriva anche dallo spettacolo, sempre più inguardabile e addirittura imbarazzante, offerto in queste ultime settimane con la formazione delle coalizioni del cosiddetto “campo largo” nella varie regioni che andranno al voto. Ma, al di là di questa concreta esperienza, quello che impressiona è verificare come si pensa di dar vita ad una presenza centrista all’interno di un cartello caratterizzato e monopolizzato dalla sinistra radicale a massimalista della Schlein, da quella populista e demagogica dei 5 Stelle e da quella estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

La proposta, cioè, di avere un “federatore” di un’area centrista che metta insieme i piccoli partiti personali di Renzi e di Calenda rientra perfettamente – direi quasi scientificamente – nel modello dei “partiti contadini” di comunista memoria. Ovvero, il partito azionista di maggioranza – il Pd della Schlein – individua una figura che proviene dalle proprie fila e lo candida a punto di riferimento di un’area politica per confermare la natura plurale della medesima coalizione. E la figura in questione, almeno per il momento, potrebbe essere quella dell’attuale Sindaco di Milano Beppe Sala. A lui, poi, il compito di assemblare partitini, gruppi e sigle che gravitano nell’orbita della sinistra ma che potrebbero, casualmente e per convenienza momentanea, guardare al centro.

Ecco, si tratta di un progetto che si può riassumere come l’esatta alternativa – o l’esatto contrario – di quello che storicamente ha caratterizzato il percorso concreto del centro sinistra nel nostro paese. E, pur senza scomodare quello che avveniva nella prima repubblica con il ruolo decisivo e determinante della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati centristi, è appena sufficiente prendere atto della concreta esperienza delle coalizioni di centro sinistra dal 1996 in poi per rendersi conto che il modello dei “partiti contadini” è quanto di più lontano possa esserci rispetto ad una credibile, trasparente e rappresentativa coalizione di centro sinistra nel nostro paese. Ovvero, e per dirla quasi banalmente, il centro sinistra esiste ed è credibile nonchè competitivo solo quando esiste un centro plurale, di governo e rappresentativo di un pezzo di società alleato con una sinistra plurale, di governo, riformista e radicata nel tessuto della società.

Per semplificare, com’era il centro sinistra ai tempi di Marini e D’Alema o quello con Veltroni e Rutelli. Ma, del resto, quando un’alleanza – nello specifico la coalizione progressista – cambia radicalmente il suo profilo politico, la sua matrice culturale e la sua ricetta programmatica è di tutta evidenza che cambia anche la sua composizione. E, non a caso, la tradizione dei “partiti contadini” ben si addice all’attuale coalizione di sinistra. E anche la figura di un “federatore”, radicalmente estraneo a qualsiasi cultura e tradizione centrista come l’attuale Sindaco di Milano, rappresenta la ciliegina sulla torta di questa prassi. Che, come è noto a tutti quelli che hanno un briciolo di onestà intellettuale, non c’entra assolutamente nulla con il centro sinistra vecchio, antico, recente o meno recente che sia. E, forse, è anche arrivato il momento di dirlo con chiarezza senza continuare ad accampare la solita e sempre più insopportabile ipocrisia che accompagna larga parte della sinistra italiana.