“Non so il perché e il come me ne andrò da questo mondo, sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c’è stata mai nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio”.
La lettera di addio di Sammy Basso, scritta nel 2017 e letta durante la celebrazione funebre dal Vescovo di Vicenza, Mons Giuliano Brugnotto, è stata un vero e proprio inno alla vita, una testimonianza di profonda fede, che riafferma la centralità e la sacralità della persona nella storia dell’umanità. In questa sua lettera, il ventottenne biologo veneto, ha descritto la sua esistenza di uomo malato di progeria, una malattia degenerativa che causa un invecchiamento precoce. Un messaggio di forte impatto e commozione, che ha sollevato numerosi interrogativi e riflessioni, specialmente sui temi della dignità, del diritto all’autodeterminazione e della sofferenza umana.
Uno degli aspetti più emozionanti della lettera è la lucidità con cui Sammy affronta il tema della morte. Egli non parla dell’interruzione della vita come una condizione “facile” da accettare o priva di sofferenza; al contrario, emerge il dolore per dover lasciare i propri affetti e la vita stessa. Tuttavia, lo scritto è anche la manifestazione di un desiderio di libertà e dignità, che egli sentiva di non poter più vivere a causa della sua condizione fisica e delle limitazioni imposte dalla malattia.
Nel suo addio, però, si percepisce anche una profonda gratitudine verso coloro che gli sono stati accanto, e un senso di pace nel sapere che la sua sofferenza stava per concludersi. E si ricava, allo stesso tempo, un grande segnale di speranza per chi vive la condizione della malattia. La testimonianza della sua breve esistenza ci ha insegnato quanto sia preziosa la vita e la ricchezza espressa dalla persona in quanto tale.
Questo contrasto tra il dolore e la serenità finale di Sammy tocca corde emotive universali, rendendo la sua lettera un documento umano straordinariamente potente. Dal punto di vista etico e filosofico, la lettera si colloca direttamente nel dibattito sul tema del diritto alla vita, come espressione dell’importanza della persona in quanto tale e della profondità del messaggio cristiano nelle forzature del mondo che cambia.
Questa straordinaria lezione di vita ci obbliga a riflettere su quanto sia importante ascoltare chi vive condizioni di sofferenza estrema. “Ci ha lasciato davvero – ha detto il Card. Parolin – una inestimabile testimonianza di vita e di fede! Mentre affidiamo Sammy alla misericordia del Padre, mi auguro che la luce che egli ha acceso continui a illuminare e a riscaldare il cuore di tutti noi e, attraverso di noi, i cuori di quanti soffrono e cercano ragioni per vivere e sperare”. Parole che sentiamo di condividere, semplicemente.