Su “Il Popolo” non polemiche ma costruzione di un progetto.

Tutti ci rendiamo conto che "Il Popolo" non può più diventare l’organo di un partito e, men che meno, lo strumento di qualche corrente all’interno di un partito.

La riflessione che ho innescato con il mio recente articolo sulla gloriosa testata de “Il Popolo” su queste colonne ha prodotto, comunque sia, un utile e costruttivo confronto. Innanzitutto, però, credo sia doveroso sottolineare la gratitudine all’amico Ettore Bonalberti e a tutti i suoi collaboratori per aver proseguito in questi anni, in versione on line, l’esperienza del Popolo.

Detto questo per onore di cronaca, è evidente a tutti che sulla riproposizione del “Il Popolo” non ci si può e non ci si deve accontentare della sola versione online, pur importante ed encomiabile. E, sotto questo versante, esiste un nodo politico – purtroppo antico ed endemico – che prima o poi andrà sciolto. Sempreché chi oggi detiene la chiave per sciogliere quel nodo decida di non decidere, come si suol dire – com’è capitato, del resto, sino ad oggi – oppure che non si ritenga più la riproposizione de “Il Popolo” una strada utile ed indispensabile per riattualizzare e rilanciare il patrimonio politico, culturale, sociale, storico ed etico del cattolicesimo politico italiano. 

Certo, tutti ci rendiamo conto che “Il Popolo” non può più diventare l’organo di un partito e, men che meno, lo strumento di qualche corrente all’interno di un partito. Nello specifico, e per non essere ipocriti, non può diventare il mezzo per organizzare l’ennesima corrente in un partito come quello della sinistra radicale e massimalista della Schlein.

Ora, c’è una sola possibilità concreta per poter rilanciare – eventualmente e realisticamente – unatestata come quella de “Il  Popolo” in un contesto politico che registra un forte e radicato pluralismo politico ed elettorale dei cattolici democratici, popolari e sociali. E la soluzione resta quella di fare de “Il Popolo” un organo – sempre autorevole e qualificato – di un’area culturale, seppur articolata e composita, che abbia come obiettivo centrale, se non addirittura esclusivo, quello di rilanciare un patrimonio culturale anche nell’attuale cittadella politica italiana. Poi, come ovvio, una testata plurale – almeno per quanto riguarda la sua linea editoriale – ma, comunque sia, consapevole che un nobile nonché moderno filone di pensiero non può ridursi a giocare un ruolo del tutto ornamentale e periferico nel concreto dibattito politico del nostro paese.

Questo era, e resta, l’obiettivo prioritario per il futuro di una testata come “Il Popolo”. La speranza, anche se remota, è che in un clima che vede una multiforme e variegata presenza politica degli ex democristiani, permanga un sussulto di buon senso e di responsabilità nel saper convergere nella ricostruzione di una testata giornalistica. E politica al tempo stesso. Perchè, per dirla con il sempre acuto e problematico Mino Martinazzoli, “l’unità dei cattolici in politica non è un dogma, ma non è un dogma neanche la diaspora”. Facciamo sì, soprattutto per chi può decidere, cioè l’Associazione nazionale dei Popolari, che questo monito del simpatico Mino non vada disperso.

Almeno per il futuro de “Il Popolo”.