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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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L’Italia che cambia: quando i numeri non bastano a raccontare la realtà.

Il Censimento ISTAT fotografa la realtà italiana, ma ci sono fenomeni sociali - immigrazione clandestina, criminalità, ecc. - che sfuggono ai dati ufficiali. Serve un’analisi più profonda per comprendere davvero il cambiamento del Paese.

In questi giorni giunge ai cittadini il questionario di rilevazione del Censimento ISTAT.
L’Istat ha una tradizione di serietà e autorevolezza istituzionale esemplare; i dati statistici che raccoglie ed elabora sono fondamentali per fotografare la realtà del Paese. In passato, ho recensito diverse ricerche dell’Istituto, quando era presieduto dal Prof. Giancarlo Blangiardo, illustre demografo con cui ho avuto l’onore di collaborare sui temi delle problematiche minorili.

Ricordo, ad esempio, che il termine “culle vuote” fu coniato in una indagine dell’Istat, così come fu esemplare il saggio sul tema della sostenibilità generazionale, curato dai Prof. Raitano e Sgritta della Sapienza di Roma, elaborato per l’Istituto con sede in via Cesare Balbo a Roma.
Noto con piacere che la guida attuale dell’Istituto di statistica conserva e valorizza il prestigio consolidato nel tempo.

L’Italia di oggi è una realtà in continua evoluzione; scorrendo le domande poste ai cittadini, trovo che sia irrilevante, persino ai fini statistici, sapere se tengo l’auto nel box o fuori, o se la mia casa è dotata di impianto di aria condizionata.
Ci sono fenomeni sociali che irrompono nella nostra quotidianità e incidono nella nostra vita in modo più rilevante. Forse non è compito dell’ISTAT accertarli e analizzarli, ma faccio solo un esempio che ci tocca da vicino e ci riguarda eticamente, oltre che per la sua incidenza nelle preoccupazioni ricorrenti nell’immaginario collettivo, direi nella nostra comune sensibilità.
Chi computa, monitora e analizza i fenomeni dell’immigrazione clandestina? Quanti sono coloro che vivono in Italia senza permesso di soggiorno? E tra costoro, quanti commettono reati e quanti invece sono sfruttati nel lavoro nero, vivono emarginati o controllati dal caporalato? Non posso dimenticare quell’immigrato morto dissanguato per un braccio amputato sul lavoro (e gettato in una cassetta di verdure) e poi abbandonato morente davanti a casa. Né posso restare indifferente di fronte alla reiterazione di atti criminali, come rapine, stupri e omicidi commessi da irregolari di cui si ignorava fino a un minuto prima l’identità e la presenza sul territorio italiano.

Molti di loro sono in possesso di numerosi “alias”: espulsi con un cognome, possono rientrare con un altro. Ne ho esperienza ricordando i casi di cui mi ero occupato come giudice minorile. Quanti e dove sono ospitati i minori stranieri non accompagnati?
Non è retorico affermare che in altri Paesi queste problematiche ricevono una considerazione istituzionale più ‘avvertita’ e regolamentata. L’ex premier inglese Sunak, prima di lasciare l’incarico, aveva introdotto norme restrittive per il diritto di ingresso nel Regno Unito, in materia di reddito e posto di lavoro. Non mi risulta che il successore laburista Keir Starmer le abbia rimosse. Esse riguardano peraltro tutti i cittadini provenienti da altri Paesi, compresi quelli dell’U.E. (di cui la GB non fa più parte, Brexit docet).
In Svezia, il governo concede un bonus di 30 mila euro agli irregolari per lasciare il Paese. In casa nostra, certamente il CENSIS, la Caritas e le autorità di P.S. conoscono queste realtà, che a mio modesto parere andrebbero rubricate e monitorate. Non spetta all’ISTAT questo compito, ma per completare i dati raccolti dal Censimento, qualche istituzione dovrebbe analizzare il quadro di una situazione peraltro in continua transizione.
Solo dopo si possono trattare – a ragion veduta – problematiche come lo ius soli, lo ius culturae e lo ius scholae. Parlarne prima, senza evidenze note e conosciute, è solo demagogia. Qualunque sia la soluzione proposta, essa risulta condizionata da preconcetti e pregiudizi.

Mi sembra che la politica sia animata da suggestioni e calcoli elettorali, piuttosto che ispirata da ragionamenti che abbiano una testa e una coda, sorretti dalla conoscenza delle evidenze, dalla realtà e dalle previsioni demografiche che configurano tendenze e scenari non sempre collimanti con gli azzardi ipotizzati dalla politica, peraltro basati su un presente non inquadrato e configurato secondo dati computati. Del tutto assente è una valutazione lungimirante, proiettata al futuro: basti ricordare che nel 2050 la popolazione nigeriana sarà la terza del pianeta e una fetta consistente di essa si prevede possa essere stanziale e stabilizzata nei Paesi del vecchio continente. Questo è un dato previsionale ‘neutro’, numerico, che va rapportato e commisurato con la realtà in divenire: nei flussi migratori ci sono spinte autogenerate che devono essere gestite da politiche di accoglienza corrette, non fumose e generiche.