Un passaggio del discorso di Alfredo Mantovano, tenuto venerdì scorso nell’Aula di Montecitorio in occasione della cerimonia per i 70 anni dalla scomparsa di Alcide De Gasperi, lascia francamente perplessi. Infatti, dopo aver esordito con un interrogativo abbastanza scivoloso sulla vicenda che vide Guareschi soccombere in tribunale per un’accusa infondata ai danni dello statista trentino, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha tirato il suo fendente: “Ulteriori interrogativi (dopo quelli sullo scontro giudiziario appena richiamato, ndr) si sono aggiunti in chi ha un percorso politico che può definirsi da conservatore, per esempio sulle ragioni del diniego che lo stesso De Gasperi oppose alla cosiddetta operazione Sturzo, che avrebbe potuto costituire uno schieramento politico di centrodestra ante litteram in occasione delle elezioni per la Città di Roma nel 1952”.
Ebbene, l’interrogativo di Mantovano suona come un’incomprensione profonda della figura politica di De Gasperi e della sua visione democratica. Occorre ricordare che il contrasto sull’Operazione Sturzo, nata negli ambienti della destra cattolica e avallata inizialmente dallo stesso Pio XII, nasceva dalla preoccupazione per la rottura dell’equilibrio di governo, con la declinazione dell’anticomunismo in chiave di blocco d’ordine, associando in modo camuffato – si parlava di lista civica senza simboli di partito – tutta la destra, anche quella neofascista. De Gasperi fu particolarmente risoluto, se l’Operazione fosse andata avanti non avrebbe esitato a presentarsi come capolista della Dc, sfidando la maldestra corrente clericale.
I fatti sono noti. La lista civica non si fece e i partiti di centro, apparentati secondo le regole della legge elettorale vigente, riportarono un netto successo (per il quale Salvatore Rebecchini, immune dalle manovre del “partito romano” e fedele alla linea degasperiana, fu confermato Sindaco di Roma). Anche questo episodio, illuminante circa i pericoli che correva la democrazia, accelerò il processo diretto a stabilizzare il quadripartito, ovvero la maggioranza centrista, con il varo della sfortunata “legge truffa”.
Insomma, nell’immaginifico 1952 di Mantovano non sarebbe nato il centrodestra, anticipando di qualche decennio, come pensa lui, la svolta (equivoca) della seconda repubblica, ma sarebbe andato in crisi il centro e con esso il gracile assetto democratico del Paese. Un salto nel buio, indubbiamente. Ecco perché ignorare questo dato storico autorizza a credere che residui nella destra odierna, galvanizzata dal successo della Meloni, una memoria malata, vuoi o non vuoi legata al vissuto di emarginazione di un mondo estraneo, se non ostile, al processo di formazione politica e di organizzazione costituzionale della Repubblica. Per questo De Gasperi, uno dei Padri della Repubblica, è colpevolmente travisato.
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