11.9 C
Roma
martedì, Febbraio 11, 2025
Home GiornaleGotor guarda alla Roma del Giubileo e auspica un nuovo umanesimo.

Gotor guarda alla Roma del Giubileo e auspica un nuovo umanesimo.

La riflessione dell’ex assessore capitolino alla cultura. Un nuovo umanesimo? Bene, ma come promuovere la spinta giusta in questa direzione? Bisogna ricreare un “ambiente” che faccia da incubatore per un disegno tanto ambizioso

A sorpresa, dopo aver lasciato appena un mese fa l’incarico di assessore capitolino alla cultura, Miguel Gotor torna a far sentire la sua voce sui problemi di governo della città. Lo fa sulle pagine di ‘Repubblica’ (“Il Giubileo e la mia Roma”, 15 novembre), di cui è stato collaboratore prima dell’ingresso nella politica attiva, andando a toccare con una nota ricca di stimoli le corde di una distratta sensibilità collettiva. Neppure ci rendiamo conto, infatti, che dietro gli eventi si stagliano o spesso si nascondono le persone: toccante, a riguardo, il richiamo all’eroismo dei tre operatori della Protezione civile e di un vigile del fuoco travolti nell’incendio scoppiato il 24 agosto a Torre Spaccata.

Andiamo per ordine. Perché Gotor ha preso carta e penna? Lo spunto gli è arrivato dal discorso che il sindaco Gualtieri ha tenuto giovedì scorso, in occasione del “Terzo Rapporto alla Città”, all’Auditorium della Musica. Sullo sfondo del lavoro svolto finora dalla Giunta e soprattutto degli impegni che essa deve ancora portare avanti, la riflessione dell’ex assessore gira rapidamente sulla diretta esperienza personale nel palcoscenico della vita pubblica romana. Gotor si riconosce in un percorso inverso a quello degli attori pirandelliani: da protagonista in politica a semplice osservatore in platea, sebbene ancora interessato e in qualche modo partecipe. 

E qui subentra l’apprezzamento per la visione del sindaco, il quale, giunto ormai a metà mandato, è di fronte alla sfida che riguarda la possibilità di irrobustire e qualificare la relazione tra cittadini e comunità, tenendo conto dell’avviato processo di trasformazione urbanistica, sociale e culturale. È stato aperto un imponente cantiere urbano, magari frammentario e poco leggibile, certamente gravido d’immancabili contraccolpi negativi sulla vita quotidiana. Tuttavia, ogni trasformazione richiede qualche sacrificio. Su questo insiste Gotor: pur riconoscendo i disagi attuali, egli ammira lo sforzo che tende a restituire ai romani una città più inclusiva e aperta, capace di generare “benessere” e un nuovo spirito di comunità, specialmente in connessione con il Giubileo della speranza. È perciò centrale il richiamo a un “nuovo umanesimo”, senza il quale ogni aspirazione al cambiamento rischia d’incrociare la pena della frustrazione, come l’apertura auspicata e ancora disattesa del Teatro Valle.

Un nuovo umanesimo, dunque; ma come si promuove la spinta giusta in questa direzione? Ecco, potremmo commentare in breve che serve un “ambiente”, anche fonte di dialettica tra culture diverse, destinato a far da incubatore alla crescita di un disegno tanto ambizioso. Gotor, evidentemente, ha voluto lanciare un sasso nello stagno. Si tratta di capire se questo può dar luogo a una riflessione più articolata, con soggetti responsabili e visibili, senza l’evanescenza di una retorica a rapido consumo. È una sfida da non trascurare e la Roma del Giubileo, prossima a dispiegarsi in vario modo, ne può accogliere le ragioni più immediate e suggestive.