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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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L’eredità di Romolo Murri: democrazia, libertà e giustizia sociale.

In un’epoca ricca di fermenti, Murri emerge come intellettuale e politico moderno, capace di attrarre con la sua energia ideale un vasto seguito. Di seguito la relazione tenuta al recente convegno dell’ANDC proprio su Murri.

Un vento di riforma soffia sul clero e sul laicato cattolico tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, un vento destinato a trasformare profondamente l’Italia. 

Ricordare, a 80 anni dalla sua scomparsa, Romolo Murri non è solo un’occasione per commemorare un anniversario, ma anche un momento per riflettere sull’opera di questo audace e sfortunato innovatore.

L’iniziativa promossa dall’Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani (ANDC) vuole anche recuperare la memoria  del convegno tenutosi a Fermo nel 1970, in occasione del centenario della nascita di Murri. All’epoca, Arnaldo Forlani, segretario della Dc, presentò un’analisi molto interessante incentrata sul concetto di democrazia nel pensiero di Murri.
Tuttavia, sarà solo nel 1996, con la pubblicazione del volume Il concetto di democrazia nel pensiero di Romolo Murri, introdotto da Pietro Scoppola, che la storiografia inizierà a studiare Murri non solo come fondatore della “democrazia cristiana italiana” — il primo movimento politico cattolico “a vocazione di partito” — ma anche come uomo di pensiero, nel mezzo delle varie fasi della sua travagliata esistennza.

Alcuni cenni storici aiutano a contestualizzare il periodo. Siamo alla fine dell’Ottocento e, nella maggior parte dei Paesi europei, la seconda rivoluzione industriale ha ormai raggiunto il suo pieno sviluppo. Molte nazioni si trovano al culmine di un’espansione economica che trasforma rapidamente e caoticamente le città, accompagnata da una crescita demografica senza precedenti e dall’affermazione dell’economia di mercato. Nasce così la classe operaia.
In Italia, questo processo si manifesta dopo l’unificazione, accelerando profondamente e consolidando il ruolo crescente della borghesia nella società, mentre la monarchia cerca di mantenere il proprio peso storico.

Sul piano sociale, lo Stato introduce nel campo dell’istruzione la legge Coppino, che istituisce un sistema scolastico nazionale con cicli, programmi e sanzioni per i genitori che non mandano i figli a scuola. È l’inizio della lotta all’analfabetismo, sebbene non perseguita fino in fondo.

L’unificazione statale segna anche la fine del potere temporale della Chiesa, ma non il “Rinascimento religioso” che molti avevano sperato nel Risorgimento. Per i cattolici si apre un lungo e tortuoso cammino nella storia, segnato dalla necessità di affrontare una sfida cruciale: realizzare un’autonomia dalla gerarchia ecclesiastica e superare schemi di potere antichi e ormai obsoleti.

Romolo Murri è uno dei protagonisti più significativi di questa stagione di cambiamento. Fondatore de Il Domani d’Italia — che oggi conosce una nuova stagione in versione online — Murri lo concepisce come uno strumento di informazione non più riservato ai “privilegiati”, ma accessibile a tutti. Lo immagina come organo della corrente democratica cristiana, destinata a diventare un partito politico, ma il progetto si scontra con l’opposizione della Santa Sede, che lo blocca.

In un’epoca ricca di fermenti, Murri emerge come intellettuale e politico moderno, capace di attrarre con la sua energia ideale un vasto seguito. I suoi ammiratori lo spingono a prendere le distanze dall’Opera dei Congressi, un’organizzazione che, pur coordinando le attività delle associazioni cattoliche e promuovendo opere caritative, restava ancorata all’osservanza delle direttive ecclesiastiche, come il non expedit.

Le controversie attorno a Murri raggiungono punte di estrema tensione. Tuttavia, egli non arretra mai rispetto al suo obiettivo principale: promuovere l’autonomia politica e sociale dei cattolici dall’autorità ecclesiastica, un traguardo che si realizzerà solo decenni dopo e che lui non riuscirà a vedere compiuto.
Non mosso da nostalgie, Murri si tormenta per creare strumenti e formare persone in grado di affrontare una nuova fase storica. Persegue con tenacia la presenza attiva dei cattolici nella storia contemporanea, sviluppando due linee principali: la formazione delle classi dirigenti — fu lui a volere la FUCI — e la creazione di nuovi mezzi di comunicazione e cultura, come la rivista Cultura Sociale, libri, case editrici e giornali.

Tra gli incontri più significativi della sua vita vi è quello con Giuseppe Toniolo, economista e sociologo, massimo esponente italiano della scuola etico-cristiana. Insieme, i due organizzano la Piccola Biblioteca di Scienze sociali e politiche. Toniolo, principale ispiratore di una democrazia fondata sui principi cristiani, influenza profondamente Murri, che elabora tuttavia la sua proposta politica compiendo un “salto” oltre il sociologismo tonoliano e aprendo la “propista cristiana” al dialogo con la modernità.

Per Murri, la democrazia è giustizia, solidarietà, carità, educazione all’autonomia. Le sue tematiche sociali ruotano attorno alla libertà, allo sviluppo civile e culturale, alla partecipazione attiva e all’impegno per la valorizzazione piena della persona umana. Non ha avuto fortuna, in questa sua predicazione? Si è mosso in modo intempestivo, finendo si margini della cattolicità fino alla esclusione, per molti anni, dalla comunione ecclesiale? È stato improvvido nel dare credito alla “rivoluzione” fascista? Di tutto auesto si è discusso a lungo e per altro tempo ancora si continuerà a discutere. Sta di fatto, però, che la strairdinaria testimonianza di Murri resta impressa nella storia del movimento cattolico e, più precisamente, nel codice genetico della Democrazia cristiana. A Murri dobbiamo molto.