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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Dibattito | Ai progressisti manca un Centro liberale: parola di Bettini.

Sul Riformista di giovedì scorso, Goffredo Bettini ha espresso la necessità di una presenza liberale e riformista nella coalizione di centrosinistra, capace di raffozarne la capacità di penetrazione elettorale..

Goffredo Bettini è una personalità politica che, di norma, non dice mai cose banali o scontate. Detto con altre parole, è un vero interlocutore politico. Certo, e come ovvio, Bettini continua ad essere un perfetto distillato del comunismo nella sua versione italiana. In lui si rintracciano e si rivedono tutti i paradigmi essenziali del Pci, nessuno escluso. Perché anche se la ‘casa madre’ si è esaurita per conclamato e manifesto fallimento politico ed ideologico, è del tutto naturale che restano intatte la cultura, la prassi e la concezione politica che deriva da quei postulati. E la sua lettura della politica contemporanea conferma entrambi gli elementi: e cioè, la sua intelligenza politica da un lato e la sua fedeltà all’antico impianto comunista dall’altro. E, per fermarsi alla riflessione su come ricostruire un Centro nella coalizione di sinistra e progressista, le tesi di Bettini non solo sono interessanti ma sono anche azzeccate perché quasi oggettive. 

Per farla breve, Bettini sostiene che nella coalizione di sinistra e progressista è necessaria una presenza centrista. Ed ha perfettamente ragione. Ma non un vago ed indistinto centro cattolico e riformista. Quello già esiste ed è presente nel Pd che era, e resta, un partito di centrosinistra. Senza trattino. Perché il Pd è nato, appunto, come un partito di centrosinistra per la fattiva e costruttiva collaborazione tra gli ex comunisti e la sinistra democristiana. Con altri approcci culturali, politici, sociali e programmatici come ovvio e quasi scontato. 

Dopodiché è di tutta evidenza che il Pd di Marini, Veltroni, Rutelli e D’Alema non è più quello della Schlein. L’attuale guida politica del Pd, espressione di una sinistra radicale, massimalista e libertaria è lontana anni luce da quel partito. Ma questo è anche, e soprattutto, il frutto della evoluzione dei tempi e del cambiamento repentino delle classi dirigenti. Il dato di fondo, però, e per tornare a Bettini, è che la presenza centrista che oggi serve – ed è quantomai necessaria – alla coalizione progressista è quella di avere un polo liberale, repubblicano, liberista, libertario e modernizzante che abbia la forza d’incidere in una alleanza fortemente sbilanciata a sinistra. 

Nulla a che vedere, quindi, con un centro cattolico. Anche perché, ed è una riflessione nota anche ai sassi, il Ppi prima e poi la Margherita sono confluiti quasi per intero nel Partito democratico. Quasi 20 anni fa, tra l’altro. Ed è del tutto naturale che il Pd non imploda al suo interno per dar vita ad un altro polo centrista. Nè è prevista, almeno ad oggi, una fuga di massa dal Pd dei cattolici e dei centristi presenti in quel partito – che, tra l’altro, è anche in crescita elettorale – per approdare in un indistinto raggruppamento centrista. Per questi motivi, semplici ma chiari ed essenziali, la riflessione di Bettini coglie nel segno. Insomma, per dirla con altre parole, alla coalizione progressista serve una presenza simile a quella che nella prima repubblica ricoprivano partiti come il PLI e il PRI. Cioè partiti con una forte connotazione laicista, moderata e liberal/liberista che l’attuale Pd non riesce ad intercettare. 

Per non parlare, come ovvio e persin naturale, della sinistra fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis o dei populisti dei 5 Stelle. Questa è, oggi, la vera priorità e la vera emergenza per la coalizione che la segretaria del Pd sta lentamente e “testardamente” costruendo e consolidando in alternativa al centrodestra dove, com’è altrettanto ovvio, per quanto riguarda il Centro la situazione è molto più semplice perché esiste un solo partito centrista che è Forza Italia. Oltretutto, come ci dicono quasi tutti i sondaggisti, lo spazio elettorale del Centro non è affatto illimitato. Il 7,6% ottenuto alle elezioni del 2022 con l’ormai famoso ‘Terzo polo’ poi miseramente fallito, fu possibile perché, come ripete sempre la Ghisleri, si trattava di un Centro che si è presentato in autonomia rispetto ai due schieramenti maggioritari.

Un’eventuale alleanza, nel caso specifico con la coalizione di sinistra, avrebbe un risultato molto diverso proprio perché non si tratterebbe più di un progetto politico autonomo ma semplicemente parte di una coalizione. Comunque sia, e come sempre, la riflessione di Bettini è del tutto calzante e pertinente. E fa discutere.