C’è uno strano e singolare dibattito nel campo largo su come ricostruire il cosiddetto Centro. Più passano i giorni e più si moltiplicano i protagonisti di chi si intesta questo nobile e glorioso progetto politico. Ovviamente ognuno pensa di farlo a proprio uso e consumo e, di conseguenza, ritiene gli altri interlocutori puri comprimari se non addirittura dei perditempo. È il caso, nello specifico, di Renzi che si è posto, come da copione, al centro dello spazio che vuole virtualmente occupare. Insomma, una sorta di nuovo ‘ghino di tacco’ della stagione contemporanea. Ovvero, per dirla in breve, chi vuole ricostruire il Centro all’interno della coalizione di sinistra e progressista deve fare i conti con me. Per usare parole ancora più chiare, posso rottamare chiunque si presenti in questo campetto politico. E sin qui Renzi.
Dopodiché non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ci sono le svariate correnti nel Pd che, del tutto legittimamente, si auto definiscono centriste. Le conosciamo tutte e quindi non vale neanche la pena di elencarle. Correnti e gruppi che hanno però un limite di fondo. E non solo con questa guida politica del partito che ha contribuito, coerentemente con la strategia della sua leader Elly Schlein, ad una decisa sterzata verso una sinistra radicale e massimalista. Ma perché il Pd ormai è unanimemente considerato come il prolungamento dell’evoluzione, della storia e della cultura della sinistra italiana. Quella che parte dalla storia del Pci per finire, appunto, con l’avventura del Pd.
E poi ci sono molteplici partiti, sigle, gruppi e movimenti che si riconoscono, seppur vagamente, in una cornice centrista all’interno del campo largo. Sigle, partiti e movimenti che non pensano affatto di farsi monopolizzare o egemonizzare da altre sigle e altri movimenti riconducibili a quest’area.
Ora, di fronte ad un quadro alquanto articolato e complesso, chi blatera di nuova Margherita o di un unico e composito partito di centro, non coglie affatto il dibattito in corso e nè, tantomeno, tiene conto delle dinamiche concrete che caratterizzano questo campo politico. E questo per due ragioni di fondo.
Innanzitutto nessuno, almeno chi ragiona in termini non puramente virtuali o astratti, pensa che siamo alla vigilia di una spaccatura del Pd con le svariate correnti centriste – ex Margherita – che danno vita ad un altro partito centrista, riformista e moderato. Ipotesi, appunto, astratta e del tutto virtuale. In secondo luogo, di fronte ad una pletora di piccoli partiti e sigle personali, una nuova Margherita non si intravede neanche con il binocolo. Perché, appunto, prevale la sindrome di “ghino di tacco”. Cioè da me si deve passare per dar vita a qualcosa di nuovo ed unificante.
Ecco perché, infine, dar vita ad un partito autenticamente, esplicitamente e squisitamente centrista e riformista nell’attuale coalizione di sinistra e progressista è una operazione alquanto difficile e complessa. E questo per la semplice ragione che gli equilibri che si sono con il tempo costruiti e consolidati non contemplano la formazione di un partito come quello della Margherita e, men che meno, come quello del Ppi.