Forse l’unica che si deve preoccupare dopo i convegni organizzati da due correnti del Pd a Milano e a Orvieto è proprio la segretaria del Partito democratico. Quella Elly Schlein che, al di là di qualsiasi valutazione che si voglia dare, ha comunque rialzato il prestigio, il ruolo e soprattutto i consensi del partito. Perché, al di là delle chiacchiere e delle varie ed inevitabili ipocrisie, è di tutta evidenza che l’obiettivo politico delle iniziative delle due correnti cosiddette cattoliche e centriste è quella di mettere in difficoltà la leadership della Schelin ritenuta troppo esposta sul fronte della sinistra. Com’è altrettanto evidente che la vera posta in gioco resta quella di rafforzare il ruolo di queste correnti all’interno del principale partito della sinistra italiana che oggi esprime una chiara, netta e del tutto coerente strategia politica – in perfetta sintonia con il progetto della segreteria nazionale – radicale, massimalista e libertaria. Una doppia iniziativa che, comunque sia, è positiva per garantire la pluralità del Pd. Ma il tutto, comunque sia, avviene all’insegna di un copione noto e persino troppo collaudato per innescare novità significative nel campo della coalizione di sinistra e progressista.
Ma, al di là delle vicende interne al Pd, non possiamo però non ricordare che la presenza dei cattolici nel nostro paese non si esaurisce affatto con la corrente prodiana del Pd. Un’area che è sempre esistita già sin dai tempi della Dc ma che non può essere considerata come l’unica ed esclusiva esperienza dei cattolici impegnati in politica. Anche se, ieri come oggi, persiste la tentazione e il vizio di questa componente di ritenersi l’unica titolata – o meglio, la più titolata in virtù di non si sa quale legittimità politica, culturale e addirittura etica – a rappresentare i cattolici nell’agone poltico. Una componente storicamente molto attenta alle dinamiche del potere – come conferma, del resto, il curriculum e l’esperienza concrete di Romano Prodi – ma che, lo ripeto, non ha mai esaurito la complessità e la varietà dell’arcipelago cattolico italiano. Non è un caso, del
resto, che il cattolicesimo sociale e popolare siano sempre stati distinti e distanti rispetto a ciò che concretamente rappresentava la sinistra cattolica e tecnocratica e più accomodante nei confronti della sinistra comunista e post o ex comunista.
Ora, al di là di queste considerazioni antiche ma sempre attuali, si tratta d’ora in poi di capire come queste due correnti cosiddette cattoliche, centriste e riformiste riusciranno a condizionare e correggere il progetto politico complessivo del Pd a guida Schlein. È abbastanza evidente che, se il tutto non si riduce ad un fatto di organigrammi e di potere – esigenze sempre molto gettonate dalla sinistra cattolica prodiana e dalla sua storica cerchia – le due tendenze entreranno oggettivamente in conflitto. E cioè, se la sterzata a sinistra della Schlein sarà confermata nei programmi e nelle alleanze il centro nel Pd non potrà che essere una semplice appendice. Ben pagata forse nel potere interno ma politicamente irrilevante ed ininfluente. Com’è stato, del resto, sino ad oggi. Oppure, e al contrario, se dovesse prevalere una sterzata centrista del Pd non potrebbe, altrettanto oggettivamente, essere la Schlein l’esponente più indicato e coerente per guidare il nuovo corso.
Ecco perché, per fermarsi alle iniziative delle due correnti che si sono ritrovate a Milano e ad Orvieto, saranno solo i fatti politici concreti a dirci chi prevarrà tra le due opzioni. Al di là, appunto, delle chiacchiere e delle inevitabili ipocrisie che si trascinano dietro.