Caro direttore,
aspettavo da tempo un tuo scritto sul tema ineludibile del “partito”. La dicitura a “evocazione cristiana” – mi riferisco al tuo editoriale su “DemocraticiCristiani” (2024-Numero unico – è intrigante, anche se non ci si può non vedere una fondazione sulla debolezza e, comunque, una certa astrazione dalla descrizione della nostra società quale è realmente.
Nel campo della fede veniamo da un predicazione enfatizzata solo sugli ultimi e gli esclusi, ma è evidente che molti credenti (anche importanti per intelligenza e competenza) abbiano assunto un atteggiamento passivo per un rispetto istituzionale verso un pontificato fino adesso tanto celebrato – chi oserebbe contrastare da solo questa enorme onda mediatica? – e che in realtà attende, direi “ad oras” di essere smantellato e finalmente criticato come merita.
Basti solo pensare l’irrilevanza con la quale questo Papa ha trattato quei cristiani della domenica che continuano a partecipare alla messa e che spesso per motivi di malattia, di precarietà del lavoro, di fare fronte alle spese quotidiane per la casa, la famiglia etc. vivono la contemporaneità con solitario e onesto coraggio e integrità civile. Mai a costoro il Papa ha rivolto una parola, o un pensiero anche riconoscente (perché senza fedeli il papato sarebbe assai meno autorevole). Parlo dei ceti medi che hanno sostenuto e sostengono ancora come possono, lo sviluppo della società con l’impegno, il pensiero e il lavoro, ma senza avere “voce in capitolo”.
I mass media, gli opinion leader, quel che resta delle autorità celebrano quotidianamente un Magistero in cui non credono (e dubito che anche molti preti e vescovi siano tra costoro) perché nessuna persona italiana intelligente e consapevole della propria storia può credere a una visione del mondo come quella che ogni giorno questo Papa incessantemente (come Catone il censore) ripete e ci propone.
Il problema è qui. Per troppo tempo abbiamo lasciato scorrere una narrazione “cristiana” che non appartiene alla nostra storia (e non c’entra niente il tradizionalismo come ci vogliono far credere per tacitarci). Dobbiamo prepararci a un confronto forte che io prevedo si aprirà con la fine di questo pontificato nella speranza che non si continui più con il cardinale che manomette la centralina nel palazzo abusivamente occupato. Credo che dopo questo pontificato si aprirà (e dovrebbe aprirsi) una discussione tra i credenti ampia e vera come fu quella del dopo-concilio nella seconda metà degli anni ’60 e ’70. Agire prima non è possibile, a meno di sorprese che non mi pare siano alle viste.
Con amicizia
Ciro