Una politica estera senza bussola espone l’Italia al rischio del caos

L’Italia rischia di essere esposta al vento della instabilità, dell’improvvisazione e dell’avventurismo attorno ad un fronte, quello della politica estera, che richiede invece chiarezza e coerenza dei vari attori in campo.

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La politica della solidarietà nazionale ha rappresentato uno dei passaggi chiave nella storia democratica del nostro paese. Certo, ha coinciso con delle fasi drammatiche vissute dal nostro,paese che hanno richiesto unità, e di conseguenza coinvolto quasi tutte le forze politiche. E, ancora oggi tutti ricordiamo le dinamiche concrete che hanno caratterizzato, nella metà degli anni,‘70, il comportamento politico concreto dei due grandi partiti popolari e di massa, la Dc e il Pci, seppur collocati su versanti politici alternativi.

Ora, in un contesto politico profondamente e radicalmente diverso rispetto a quella stagione, non possiamo non rilevare un aspetto. E cioè, di fronte ad un riassetto dello scacchiere politico europeo ed internazionale almeno sulla politica estera ci dovrebbe essere una convergenza di fondo. Ovvero sul capitolo decisivo delle alleanze a livello europeo ed internazionale. E invece, e purtroppo, noi registriamo una pericolosa ed inquietante divisione delle forze politiche principali di fronte ad un quadro che richiederebbe, appunto, unità coraggio e coerenza. 

Certo, partiti populisti come i 5 Stelle e la Lega convergono sempre attorno ad obiettivi tendenzialmente demagogici ed anti politici. E partiti radicali ed estremistici come, ad esempio, la sinistra estremista di Fratoianni/Bonelli/Salis sono e restano legati ad un modello ideologico che difficilmente li colloca sul versante di una vera e coerente cultura di governo e seriamente aderenti al versante occidentale. E, se Forza Italia, con Tajani, conferma l’ancoraggio ad un progetto europeista, atlantico e seccamente schierato sul versante occidentale, tocca però – ancora una volta – ai due partiti principali, cioè Fratelli d’Italia e Partito democratico, farsi carico di una iniziativa politica coerente e coraggiosa sul versante europeo ed internazionale. Sul versante, cioè, delle alleanze utili e necessarie per poter ancorare il nostro paese ad una alleanza democratica che affonda le sue radici nella cultura occidentale senza pericolose e singolari accordi con paesi e Stati distinti e distanti da qualsiasi ancoraggio democratico, liberale e riformista. E, di fronte agli attuali sconvolgimenti della geo politica mondiale, questo è uno di quei momenti. 

Purtroppo, però, per poter centrare quell’obiettivo sono necessari ed indispensabili almeno due elementi. Innanzitutto partiti responsabili che sappiano unirsi attorno ad un progetto di politica estera comune. E, in secondo luogo, una classe dirigente politica che sia all’altezza della situazione. Due condizioni che, purtroppo, oggi sono ancora balbettanti. Per svariate motivazioni. Per la presenza di partiti che hanno una chiara e netta cifra populista, estremista e massimalista. Elementi, questi, che impediscono di fatto di avere una strategia comune di politica estera perchè coltivano una prospettiva all’insegna del “tanto peggio tanto meglio”. Partiti, cioè, che non coltivano una necessaria coerenza sulla prospettiva di una politica estera del nostro paese che ricalchi la sua tradizionale e naturale vocazione di essere coerentemente inserito nella cornice europea da un lato e in piena sintonia con gli Stati Uniti d’America dall’altro. Quello che comunemente viene definito come Occidente. Anche se in crisi di identità e profondamente diviso al suo interno.

E, accanto a questo quadro poco edificante, siamo alle prese anche con una classe dirigente politica particolarmente viva sotto il profilo dell’attacco personale, della criminalizzazione politica dell’avversario/nemico e della sua delegittimazione morale e politica ma del tutto indifferente a ritrovare e costruire le ragioni di un’intesa politica che non mette affatto in discussione la naturale e fisiologica dialettica tra maggioranza ed opposizione ma che, al contempo, sappia anche affrontare e governare con intelligenza e senso di responsabilità le vere emergenze quando si presentano.

Per questi motivi parlare, oggi, di una rinnovata ed aggiornata politica di “solidarietà nazionale” sui temi della politica estera è molto difficile se non addirittura impossibile. Certo, se si trascorrono le giornate ad affinare e a rafforzare la cultura degli insulti e degli attacchi politici e

personali, la strategia della “solidarietà nazionale” è destinata ad andare in soffitta. Con l’unico risultato che, ancora una volta e soprattutto in un contesto turbolento ed inquietante come quello contemporaneo, il nostro paese rischia di essere esposto al vento della instabilità, della improvvisazione e dell’avventurismo attorno ad un fronte, quello della politica estera, che richiede invece chiarezza e coerenza dei vari attori in campo. E soprattutto da parte dei partiti principali e maggiormente rappresentativi.

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