La confusione geopolitica delle ultime settimane e le prese di posizione di Trump, altalenanti ma sempre tendenti ad una concezione muscolare ed affaristica delle relazioni internazionali, sono un fenomeno che non si vedeva da tempo. Sarà la sindrome dell’abbandono da parte di un partner storico e cosi strategico, sarà la fretta data dalla crisi economica, dalle scadenze elettorali e dai rapidi cambiamenti in corso, ma l’Unione europea sembra finalmente compiere passi nella giusta direzione.
Il vertice di Londra di domenica scorsa che lascia immaginare un’Europa in grado di muoversi a vari livelli e con molteplici partner, dalla Turchia al Regno Unito. (forse quella Commissione geopolitica che von der Leyen aveva annunciato nel 2019) sembra mostrare una ritrovata capacità di azione politica, con formule nuove che consentono di aggirare i limiti posti dalle regole Ue. Il vertice di oggi, giovedì, dovrebbe dare il via a una linea politica chiara per l’Ucraina e la difesa. Nel frattempo, il piano “Per il riarmo europeo” da 800 miliardi di euro presentato dalla Presidente von der Leyen sembra andare incontro, anche nelle modalità di finanziamento, alle necessità politiche di fare in fretta, garantire certezza della continuità degli investimenti al settore privato e di non incorrere in lunghe trattative per raggiungere l’unanimità.
Ad onor del vero, si sa che serviranno anni per colmare il gap tecnologico con gli Usa, ma è anche vero che si deve pur cominciare e rimandare qualcosa con la scusa che è troppo difficile significa aver sbagliato mestiere. In questo senso, è cruciale che i Paesi più grandi tengano un’unità di intenti e di azioni. Proprio per questo, stupisce la posizione, ad oggi, del Governo italiano. Pur comprendendo il problema di tenere buono Salvini, che ha il problema di tenere buono Vannacci, in uno slittamento a destra costante e apparentemente incontenibile, non può non passare inosservato che anche la destra francese ha cambiato atteggiamento. Non solo il giovane leader Bardella ha disertato la convention CPAC di Washington, ma la stessa Marine Le Pen ha criticato Trump per come ha smollato l’Ucraina.
È facile capire anche che ci sia la necessità di non chiudere al dialogo con gli Usa. Ma ci sono tre valutazioni da fare: oggi, serve una guida europea coerente e forte, con una cabina di regia determinata. E Roma non può non farne parte. Ne va dell’interesse italiano, non solo di quello europeo. Fidarsi così tanto di un interlocutore che, a voler essere gentili, potrebbe essere definito quanto meno scostante, è un rischio troppo grande anche per una navigata politica come Giorgia Meloni. Infine, la marginalizzazione delle posizioni politiche più estreme non può che fare bene e dare stabilità interna e più forza nei tavoli internazionali all’Italia. E non ci sarà momento migliore di farlo se non oggi, mentre l’Europa trova il modo di fare i primi passi per diventare finalmente grande ed emanciparsi, gradualmente e lentamente, da mamma America.