Giorgia Meloni, per il suo debutto da premier in una manifestazione di un partito non di governo, ha scelto il congresso nazionale di Azione, guidato da Carlo Calenda, in programma sabato prossimo a Roma. Un evento che va oltre la semplice partecipazione, trasformandosi in un palcoscenico per strategie e messaggi politici ben precisi.
La conferma ufficiale da Palazzo Chigi ha messo fine alle speculazioni, delineando un incontro che, se da un lato segna una prima volta per Meloni, dall’altro si inserisce in un dialogo già avviato. Calenda, infatti, non è nuovo agli incontri con la premier, avendo partecipato ad Atreju sia nel 2023 che nel 2024. “Non ho paura, non vedo né il lupo né la tana”, aveva dichiarato Calenda, rispondendo a chi lo interrogava sulla sua presenza alla festa di Fratelli d’Italia.
Ma dietro l’apparente cortesia istituzionale, si cela una strategia politica ben precisa. Meloni, scegliendo Calenda, lancia un messaggio chiaro all’opposizione: un dialogo è possibile, ma solo se basato sul merito e scevro da posizioni ideologiche preconcette.
Calenda, dal canto suo, ha sempre rivendicato un’opposizione “dura” ma “costruttiva”, come dimostrato nel 2022, quando presentò controproposte alla manovra del governo Meloni. Un approccio confermato dalla decisione di non firmare la mozione di sfiducia contro il ministro Nordio, preferendo un’uscita dall’aula al momento del voto. L’incontro Meloni-Calenda, quindi, si configura come un’occasione per delineare i confini di un’opposizione che, pur nella sua fermezza, non rinuncia al dialogo e al confronto costruttivo. Un messaggio che la premier intende veicolare, sottolineando la possibilità di un terreno comune, purché si abbandonino le barricate ideologiche.
Ma la scelta di Meloni ha anche una lettura interna alla maggioranza, in un momento di persistente tensione con Matteo Salvini. Un modo per ribadire la propria leadership e la capacità di dialogare con interlocutori diversi, senza cedere a logiche di scontro frontale.