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giovedì, Aprile 17, 2025
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Referendum: no al boomerang sul lavoro, sì all’Italia di domani

Cancellare il job acts è un errore. Per questo è plausibile l’indicazione del “non ritiro” delle schede, per evitare che scatti il quorum. Serve invece concentrarsi sulla cittadinanza, sostenendo convintamente il sì.

L’appuntamento referendario previsto per giugno impone una riflessione lucida e una capacità di discernimento. L’approccio adottato dal Partito Socialista Italiano, come emerge dalle dichiarazioni del segretario nazionale Enzo Maraio, desta più di una perplessità. L’annuncio di un convinto “sì” su tutti e cinque i quesiti referendari, appare una scorciatoia che rischia di oscurare la reale portata e le diverse implicazioni di ciascun quesito.

Un “sì” indistinto su materie così delicate e differenti tra loro non favorisce un dibattito approfondito e consapevole, ma al contrario appiattisce le specificità e le sfumature che meriterebbero in virtù di un’analisi puntuale.

In un’ottica riformatrice, la bussola dovrebbe indicare una direzione ben precisa, capace di distinguere le battaglie da sostenere con convinzione da quelle che, pur animante da nobili intenti, rischiano di produrre effetti indesiderati.

Un esempio lampante di questa necessità di distinguere riguarda il quesito sulla cittadinanza. In questo caso, un “sì” convinto e determinato appare non solo auspicabile, ma doveroso. Favorire politiche di integrazione per i “nuovi italiani”, per quei giovani che crescono e studiano nel nostro Paese, è un imperativo di civiltà e un investimento sul futuro della nostra società. Negare loro una prospettiva di riconoscimento della cittadinanza in tempi più ragionevoli – 5 anni invece di 10 – significa anche privare l’Italia di risorse umane e di talenti preziosi. Su questo fronte, la chiarezza del “sì” deve essere netta e inequivocabile.

Ben diversa è la valutazione da riservare ai quesiti relativi alla cancellazione del Jobs Act. In questo frangente, la scelta più responsabile e lungimirante per chi si professa riformista deve mirare ad escludere una soluzione demolitoria, anche attraverso il “non ritiro” delle schede per far mancare il quorum.

Affermare che il Jobs Act non necessiti di alcun miglioramento sarebbe un errore, ma negare che quella riforma abbia contribuito, pur con le sue criticità, alla crescita del mercato del lavoro sarebbe altrettanto miope.

Il Jobs Act può e deve essere oggetto di interventi correttivi, anzitutto per rafforzarne gli aspetti positivi. Tornare indietro, cancellando integralmente una riforma che ha prodotto risultati utili, significherebbe infliggere un duro colpo al tessuto economico e sociale del Paese, con conseguenze negative soprattutto per i giovani in cerca di occupazione.

In conclusione, la complessità del reale richiede risposte articolate e scelte ponderate. Semplificare quando è necessario distinguere significa abdicare alla propria responsabilità politica e rinunciare a contribuire a un dibattito pubblico realmente costruttivo.