17.7 C
Roma
venerdì, Aprile 25, 2025
Home GiornalePapa Francesco e la Festa della Liberazione

Papa Francesco e la Festa della Liberazione

Non si è persa occasione di cadere in inciampo: la ricorrenza del 25 aprile ha innescato nuove polemiche. Invece il lutto nazionale per la scomparsa di Papa Francesco suggeriva un’altra condotta.

Papa Francesco è morto e la politica non ha perso l’insana abitudine di mordersi addosso e tanto meno di mordersi la lingua per qualche pensiero detto fuori posto. È accaduto che il Ministro Musumeci si sia raccomandato di osservare uno stile sobrio in occasione del 25 aprile, un mese primaverile che induce ad uscire dal guscio e dal letargo dei pensieri per andare incontro al sole ed alla libertà delle parole. 

A dirla tutta, neanche nel tempo invernale si è osservata una compostezza di espressioni e tanto meno un minimo di silenzio. Conta solo stare sulla pagina e non altro.

C’è chi ha inteso il richiamo alla sobrietà come un atto di sobillazione contro le ragioni del manifestare, sobbarcandosi di conseguenza, a tinte diverse, il compito di esprimere il proprio vivo disaccordo. “Sob Sob” è nei fumetti il suono onomatopeico delle lacrime o di una lamentazione.

Ci vorrebbe un po’ più di prudenza almeno in omaggio ai proverbi così che è stato eluso “aprile non ti scoprire”. Sobrio è un opposto di essere ebbro, di chi, a causa del vino, ha l’intelletto offuscato. 

Qui la sapienza della politica ha sbandato subito alla prima curva del procedere. La sobrietà richiama uno stile di vita e ad un equilibrio nel condursi ed anche una dimensione spirituale che si oppone ad ogni eccesso e che diventa una linea da tenere nelle diverse circostanze della vita. 

Non è bastato il lutto, il piangere per la scomparsa di Francesco, per tenere a bada le polemiche e cadere nel ridicolo. “Calende et idi vi stette, fin che volse il lutto in riso”. Potrebbe in questo modo rovesciarsi il passaggio del poeta che scrisse invece la trasformazione del riso in lutto. 

Malgrado le celebrazioni funebri in corso, non si è osservato affatto un silenzio di tomba e subito sono volati commenti pro e contro Musumeci che per alcuni è andato fuori tiro. 

Una parte lo accuserebbe, se ben si è compreso, di essersi ingiustificatamente assunto il ruolo di un padre di famiglia, che si rivolge ai figli di osservare un certo contegno, dimenticando che sono o dovrebbero essere ormai adulti e in grado di muoversi con un giudizio finalmente acquisito in omaggio al raggiungimento della maggiore età. 

È suonato anche di censura o di tacito freno alla Festa della Liberazione, un giorno solenne che merita sempre il giusto rispetto ed una nota di enfasi che non può essere in alcun modo conoscere stemperamenti. 

Può darsi che quella della Liberazione sia una festa o un anniversario, un volgere ogni anno a quella data per ricordare ciò che fu di bello ed importante decenni prima. Non è rilevante come si definisca questa ricorrenza ma lo spirito di come la si approccia. 

Sarà per questo che Landini ha ricordato che quello è “un giorno di lotta per rammentare che la democrazia è nata dalla sconfitta del fascismo e del nazismo”, così più infiammando chi gli ha replicato contro. 

“Lotta” è forse un termine un po’ desueto, dal sapore antico e romantico ma un po’ passato, indicando un combattimento corpo a corpo di due contendenti che cercano di vincersi peraltro senza uso di armi. Come è risaputo, la battaglia, al tempo della guerra mondiale, fu più cruenta e sanguinosa di un confronto a mani nude.

Insomma non si è persa occasione di cadere in inciampo e ci siamo ritrovati nuovamente di fronte ad una sorta di rissa. Si sono spediti giudizi non tenendo esattamente conto del contesto che suggeriva una diversa animosità pur tenendo distinto il piano della morte di un Pontefice con quello di una celebrazione laica per la vittoria contro le forze dell’Asse dell’epoca. 

“Sed libera nos a malo” resta anche questa volta l’àncora a cui appigliarsi. Almeno questo Francesco può ancora ricordarcelo e probabilmente anche la politica glielo dovrebbe.