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venerdì, Aprile 25, 2025
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La cattedra di Pietro tra media, “altri” e silenzio interiore

L'onda mediatica celebrativa e il richiamo a S. Agostino: noli foras exire. Un pontificato focalizzato sugli "altri", ma con ombre sulla politica e un'eccessiva papolatria. L'auspicio di un Papa del silenzio interiore.

Come tutti anche io sono stato travolto (e stressato) dalla prevedibile onda mediatica che ha accompagnato lo morte di Papa Francesco. Un trionfo del pensiero unico celebrativo al di là di ogni ragionevole limite. Un cordoglio non popolare, ma di massa in cui tutti – intellettuali, curiali, fedeli, turisti, giovani e vecchi – hanno ripetuto più o meno le stesse cose e con le stesse parole; qualcuno mostrando anche commozione. Ed è quello che questo Papa ha cercato curando senza risparmiarsi i media piccoli o grandi che fossero, per costruire il suo messaggio e anche il suo personaggio. E’ la modernità si dirà, ma lui l’ha colta prima e meglio di tante altre personalità che campeggiano sulla scena del mondo.

Ovviamente questa valanga di notizie rende difficile una visone di sintesi. Farsi un’idea di questo pontificato che in ogni suo aspetto è stato già troppo divulgato. E tuttavia non si può fare a meno di tentare una interpretazione che io racchiudo nell’idea degli “altri”, cioè degli ultimi in linea ideale con la teologia politica declinata in varie forme a seconda delle differenti occasioni e circostanze. Tutto per gli altri: la Chiesa direttamente coinvolta in prima linea e concepita come “ospedale da campo”, i sacerdoti come servitori dei poveri, la Caritas e via via l’espansione del volontariato sociale (lodevole), le cooperative nate in seno ai movimenti e tanto altro. Un grande impegno teorico e anche pratico con due limiti: la politica sopraffatta e annichilita da un assistenzialismo globale da un lato e dall’altro il ritorno dell’integralismo, cioè l’impegno senza una visione sociale d’assieme con l’assenza (scomparsa) di quella strumentazione laica che ha guidato (almeno in Italia) l’esperienza politica dei cattolici. Dalle idee ricostruttive della Democrazia Cristiana redatte da De Gasperi poco prima della fine della guerra e dalle pagine illuminanti del Codice di Camaldoli ha preso corpo l’idea di un servizio politico “laico” dei cattolici che poi in seno alla Chiesa è divenuta l’esperienza dell’autonomia del temporale.

Gli ultimi decenni del magistero e quello di Francesco in particolare, sull’onda dei media hanno travolto ogni distinzione, scompaginando dopo i colpi subiti da tangentopoli, ciò che restava dell’impegno dei cattolici democratici, o più semplicemente, dei democristiani anche per effetto di scelte incomprensibili da parte del Papa con le sue lunghe conversazioni con Scalfari (irriducibilmente non credente) e le premure per la Bonino portata ad esempio di donna in politica.

Questi due limiti hanno ridotto le necessarie relazioni tra la Chiesa e le istituzioni italiane nell’alveo di un diffuso neoclericalesimo che apparentemente accumuna tutte le componenti della politica con evidenti contraddizioni. Però non mi stupisco con chi ha sempre visto gli insegnamenti della Chiesa in modo strumentale. Mi stupisco invece di quei cattolici fino a pochi anni fa impegnati in politica nel segno di un’autonomia del temporale e che adesso si ritrovano confusi indistintamente in quello che un giornalismo servile ha preso a chiamare “il popolo di Francesco”. Una forma di papolatria cominciata negli anni novanta del secolo scorso e con Francesco giunta al suo culmine come stiamo vedendo. E sembrerebbe inutile ricordare che i cristiani non sono quelli che seguono un Papa, ma coloro che si sforzano di seguire il Cristo.

Ed è così che in questi giorni in cui tutti pensiamo al papato in attesa di conoscere la scelta del conclave, anche io nel mio piccolo coltivo la speranza di un Papa che rifugga dai riflettori dei media a motivo di una interiore spiritualità di cui io e tanti altri avvertiamo il bisogno. Non rinunciando ad azioni caritatevoli e però coltivando in cuor nostro la conosciutissima massima agostiniana: “Noli foras exire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas”. Insomma quel silenzio interiore dal quale il clamore dei media da anni ci ha allontanato. Ma non mi faccio facili illusioni, anche se è certo che la frenesia di questi giorni sarà dimenticata, mentre resta il fatto che “la verità abita nell’uomo interiore”, sperando che sia così il prossimo Papa.