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giovedì, Maggio 1, 2025
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Dopo il Canada, una riflessione per l’Italia sulle orme di Polito

Quel che emerge dal voto canadese è uno spunto prezioso per noi cattolici democratici. In un clima segnato da opposti estremismi, cresce (nel mondo) l’esigenza di una proposta politica capace di ricomporre le fratture.

Nel suo commento di ieri sul Corriere della Sera, Antonio Polito ha colto nel voto canadese un segnale da non sottovalutare: la vittoria dei liberali sui conservatori, favorita anche dalle improvvide parole di Donald Trump sull’ipotetica “annessione” del Canada agli Stati Uniti, indica che una parte significativa dell’opinione pubblica continua a credere nei valori del libero scambio, della cooperazione internazionale e della democrazia liberale.

Un viaggio in Canada – negli anni giovanili – mi ha aiutato a comprendere molto di questo (sconfinato) Paese. La bontà della sua gente, così diversa dalla “ruvidezza” di una certa America profonda. Il controllo (efficace) delle armi, un Welfare costruito sul modello europeo. Il cosmopolitismo è sostanzialmente riuscito, nelle grandi città come nei piccoli borghi. L’orientamento del nuovo governo di Ottawa verso la UE non sorprende: a giudizio di chi scrive, la ‘special relationship’ con Bruxelles appare oggi una via quasi obbligata.

Ma torniamo a Polito. «L’irruzione di Trump sulla scena della politica nelle democrazie occidentali – scrive l’editorialista del Corriere – ha […] polarizzato e radicalizzato lo scontro politico, apparentemente favorendo dunque uno schema destra contro sinistra e viceversa. Ma lascia anche uno spazio crescente a quelle fette di opinione pubblica e di classi dirigenti che scommettono ancora sul libero scambio e sulla globalizzazione come occasioni di prosperità, e propongono le liberaldemocrazie come sistemi migliori delle “democrature”».

Proviamo a trarre le conclusioni, ovviamente le nostre. Quel che emerge dal voto canadese è uno spunto prezioso anche per l’Italia. In un clima segnato da opposti estremismi, cresce (nel mondo) l’esigenza di una proposta politica capace di ricomporre le fratture, recuperando il senso della misura e della responsabilità. Non si tratta di evocare nostalgicamente il passato, ma di costruire una nuova centralità fondata sulla cultura della mediazione e del bene comune.

In questo quadro, l’apporto dei cattolici democratici non è solo auspicabile: è necessario. La loro tradizione – ispirata al personalismo, alla solidarietà, alla sussidiarietà – rappresenta ancora oggi una risorsa per rigenerare la democrazia e contrastare la deriva delle passioni tristi.

O si sta in questo sforzo di ricomposizione, oppure si accetta la logica della frammentazione. E sarebbe una resa, non solo politica ma civile.