“La pace sia con tutti voi”: così ha esordito il nuovo Vescovo di Roma, Robert Francis Prevost, arcivescovo emerito di Chicago, che prende il nome di Leone XIV (nomen omen). In questo momento storico, non si poteva pensare a un incipit più efficace.
Il riferimento del nome appare orientato a San Leone Magno, ma anche a Leone XIII (il Papa della enciclica Rerum Novarum che crea cardinale John Henry Newman).
La sensazione, a caldo, è che il “Papa americano” costringerà tutti a cambiare schema. Ad esempio, nel rapporto con l’Amministrazione Trump – probabilmente – con uno sguardo molto diverso rispetto all’ala conservatrice dell’episcopato statunitense (la cui ricucitura, rispetto a Papa Francesco, sarà quasi obbligata).
A lungo missionario in Perù (è cittadino statunitense e peruviano), a capo di una delle diocesi più povere del Paese latinoamericano, Leone XIV sarà una figura di sintesi e di raccordo tra Nord e Sud del mondo, tra Chiesa istituzionale e Chiesa missionaria. Un Papa aperto socialmente, ma al contempo fermo nella dottrina e sui principi. Espressione di una Chiesa che va avanti, che non sta (più) sulla difensiva, che indossa la mozzetta rossa e torna (probabilmente) a vivere nel Palazzo apostolico.
Come ha detto affacciandosi alla Loggia delle Benedizioni, Leone XIV avverte la necessità di una Chiesa che “costruisce ponti” secondo un’espressione che fu anche di Giorgio La Pira. Possiamo azzardare fin da ora che non sarà un Papa “anti” (Curia romana, Occidente, ecc…) ma piuttosto “per”.
Dice Papa Prevost: “Vogliamo essere una Chiesa sinodale, che cerca sempre la pace e vuole essere vicina a quelli che soffrono”. E ancora: “La pace di Cristo Risorto è una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante, perché proviene da Dio che ci ama tutti”. La promozione umana nasce da Cristo e dal Vangelo. Il resto verrà di conseguenza.