Ogni anno il Giro d’Italia ritorna come una promessa. Non importa chi vince, non importa il meteo, non importa nemmeno la classifica. Importa il gesto. La strada. Il tempo che si ferma quando passano le maglie colorate. Anche questa edizione si chiude a Roma, tra i marmi del Circo Massimo e le benedizioni silenziose del Vaticano. È più di una corsa: è un’Italia che si racconta pedalando. C’è qualcosa di profondamente “nostro” nel Giro d’Italia. Non solo per le strade che percorre, ma per le emozioni che risveglia.
Domani, domenica 1° giugno, la corsa rosa giungerà al suo epilogo: non con l’ultima classifica, e basta, ma con un abbraccio. Quello alla Città e a Leone XIV, appena salito al soglio di Pietro. Sarà un momento breve ma carico di simbolo: i girini entreranno nei Giardini Vaticani per un saluto al Pontefice, un gesto silenzioso che parla al cuore. Poi la corsa proseguirà, inseguendo il vento lungo la Via Cristoforo Colombo, fino ad Ostia e ritorno, in un lungo abbraccio tra città e mare, tra sacro e quotidiano.
Infine, l’arrivo al Circo Massimo: uno dei luoghi più antichi di Roma, dove un tempo si correvano altre gare, tra polvere e folla, e dove ora si celebra un’altra forma di competizione. Le ruote sfioreranno la storia, il pubblico accoglierà i ciclisti come pellegrini moderni di una liturgia laica, fatta di fatica e bellezza.
Questo Giro ha raccontato ancora una volta l’Italia che resiste e che sogna. Quella che applaude anche l’ultimo, che si ferma al passaggio delle due ruote, che esce di casa con una bandiera o un cartello, che attende il lancio di una borraccia a mo’ di souvenir, che vorrebbe un selfie, magari con la maglia rosa. È un’Italia che vive nei dettagli: nei bambini in spalla ai nonni, nelle finestre addobbate, nei bar di paese che si riempiono già al mattino. Un‘Italia d’incredibili affreschi regalati a milioni di telespettatori, molti fuori dall’Italia.
Il saluto a Papa Leone XIV non è solo un omaggio. È un incontro tra due mondi che, per un istante, si riconoscono: lo sport e la spiritualità, la strada e il pensiero, il sudore e la speranza. È l’immagine di un Paese che si guarda e si ritrova, senza clamore, ma con rispetto.
Domenica, comunque, la corsa non sarà finita. Resterà nell’atmosfera del Circo Massimo, negli occhi di chi ha seguito ogni tappa, nei racconti che si faranno l’indomani. Perché il Giro d’Italia, come la poesia, non si esaurisce: continua a pedalare dentro chi lo ama.