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venerdì, 6 Giugno, 2025
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“Mio padre voleva chiamarmi Lia”. Cecilia De Gasperi nei colloqui con Sangiorgi

Nel giorno delle esequie, riproponiamo il racconto autobiografico (edito dal Centro Studi Giorgio Catti)) della terza figlia dello statista trentino. Una sintesi è stata pubblicata in “G. Sangiorgi, De Gasperi. Uno studio” (Rubettino 2014).

Una casa affacciata sul cupolone di San Pietro, una madre silenziosa e operosa, quattro figlie, una sorella, una tata e un padre che non voleva tende alle finestre: così si apre il lungo racconto di Cecilia De Gasperi, figlia di Alcide, raccolto da Giuseppe Sangiorgi. È un ritratto familiare ricco di aneddoti, episodi inediti e confidenze che illuminano da vicino la figura dello statista: l’uomo, il marito, il padre e il credente.

Dal tinello di Sella, dove annotava i soggiorni estivi con ironia classica (“anabasi” e “catabasi”), alle stanze romane del nascondiglio durante l’occupazione nazista, De Gasperi emerge come uomo essenziale, nutrito dalla fede e dal senso della responsabilità. Mai un commento astioso, neppure contro Guareschi che lo accusò ingiustamente. Mai una concessione al potere come privilegio, ma sempre come servizio.

Accanto a lui, la moglie Francesca: colta, poliglotta, instancabile, protagonista discreta e indispensabile della sua vita. E poi le figlie, ciascuna con il proprio destino: Maria Romana, Lucia, Lia e Paola. Testimoni silenziose ma attente, complici affettuose di un padre che insegnava le costellazioni con la carta bucata, che leggeva Esiodo in greco e che si commuoveva davanti ai nipotini.

È attraverso questi ricordi che Alcide De Gasperi rivela la sua verità più profonda: un’esistenza fondata sull’essenziale, lontana dai clamori, radicata nella preghiera e nella responsabilità. Una vita coerente fino all’ultimo gesto, con la parola “Gesù” sussurrata come saluto estremo.

  • Per leggere il testo integrale delle memorie raccolte da Giuseppe Sangiorgi, clicca qui.