All’indomani della Seconda guerra mondiale, i leader europei si trovarono davanti a una situazione inedita: un continente in macerie, ferito nel profondo dall’orrore del conflitto, diviso tra Est e Ovest, percorso da odi pronti a riaccendersi. Come trarre lezione da una tale catastrofe? Quali iniziative intraprendere per voltare pagina?
Dalle macerie della guerra al sogno europeo
Fu allora che l’immaginazione di Jean Monnet incontrò l’esperienza e il coraggio di Robert Schuman. Ne scaturì la storica Dichiarazione del 9 maggio 1950, fondamento ideale e operativo della futura Unione Europea.
“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata senza sforzi creativi all’altezza dei pericoli che la minacciano. Il contributo di un’Europa organizzata e viva è indispensabile al mantenimento di relazioni pacifiche”.
Così si apriva quel testo destinato a cambiare il corso della storia, con un’intuizione al tempo stesso modesta e rivoluzionaria.
Una costruzione imperfetta, ma solida
Il “Metodo Schuman” guida da 75 anni il cammino dell’Unione: tra conquiste e limiti, tra successi storici e frustrazioni democratiche. Nonostante i difetti — l’architettura istituzionale complessa, la distanza dai cittadini, le carenze comunicative — l’Europa ha saputo costruire un modello unico di cooperazione tra popoli e Stati.
Essa rimane, malgrado tutto, un riferimento mondiale per la democrazia, i diritti umani, il rispetto della persona e la fiducia nel diritto come strumento di regolazione. Un modello liberale, aperto, equo, comunitario.
Le sfide del presente e la responsabilità europea
Ma il mondo intorno è cambiato. La guerra di aggressione della Russia, la sfida cinese, il populismo d’oltreoceano, le disuguaglianze globali e l’accelerazione scientifica e tecnologica hanno generato un’instabilità che l’Europa non può ignorare.
Proprio l’Europa, anche se incerta, possiede risorse uniche per contribuire alla costruzione di un nuovo ordine mondiale. Non può più pensare solo a sé stessa. È tempo che parli al mondo con un linguaggio di speranza, fondato su ciò che ha già dimostrato di saper fare: unire, includere, costruire pace.
Raccogliere il testimone di Schuman
C’è bisogno di nuovi leader capaci di raccogliere il testimone di Schuman. Uomini e donne in grado di dare forma a un’Europa orgogliosa di sé, che non si limiti a dare l’esempio, ma sappia inventare strumenti nuovi, capaci di associare culture, identità, storie diverse. Un’Europa che rifiuti ripiegamenti e nazionalismi, che condivida la prosperità e si apra a una competizione giusta e sostenibile.
Questa è la vera domanda del 9 maggio 2025, celebrato ormai su tutti i continenti: l’Europa avrà il coraggio di farsi ancora guida? La risposta non è scritta, ma la storia la attende.
Jean-Dominique Giuliani è il Presidente della Fondazione Schuman.
Tradotto in italiano dalla redazione, l’articolo è qui riproposto con altro titolo e altra impaginazione.