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mercoledì, 25 Giugno, 2025
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E se la Cina attacca Taiwan?

La tregua rivendicata da Trump apre scenari incerti e inquietanti: la prudente reazione di Russia e Cina solleva dubbi e sospetti sulla stabilità dell’area e sul futuro di Taiwan.

Una reazione sospettosamente cauta

Nessuno può dire con certezza cosa accadrà dopo la tregua che Trump rivendica alla sua azione determinata e determinante. Volendo per ora limitarci ai fatti, ciò che sta lasciando un po’ perplessi gli osservatori internazionali o, meglio, il dato che sta sollevando molti interrogativi e diverse supposizioni è la reazione assai cauta di Russia e Cina, in linea teorica alleata, la prima, di Teheran e interessata, la seconda, a sviluppare con l’Iran scambi commerciali importanti, oltre a quelli già intensi relativi al petrolio, anche per il tramite della Belt & Road Initiative.

Il sospetto di un accordo tacito

V’è una tesi tranquillizzante, per la quale sia Mosca sia Pechino si rendono conto di non poter far molto nell’area né sul piano militare né su quello politico. E quindi prendono le parti dell’Iran ma senza esagerare nei toni: esiste un suo diritto al nucleare civile, ha sostenuto Putin. Ma si è fermato lì.

Circola però anche un’ipotesi assai più inquietante, non supportata al momento da alcun gesto, alcuna dichiarazione anche solo parziale, da nulla. Ma penetra nelle analisi di molti osservatori. E pure di alcuni politici. E se Trump avesse concordato con Putin il silenzio del secondo su Teheran e del primo su Kyiv?

Nella logica neo-imperiale che sta distruggendo quella del diritto internazionale con un ripiegamento verso epoche storiche che credevamo superate per sempre, ove è la legge del più forte militarmente a prevalere e dunque i confini geografici fra le nazioni possono essere stuprati dalla volontà di dominio dell’attore regionale meglio dotato e più desideroso di possesso può apparire persin logico che un accordo tacito ancorché odioso di quel tipo possa venir stipulato. Non sarà certo così, si spera. Ma dall’attuale Presidente USA c’è da aspettarsi di tutto e dunque la prudenza è d’obbligo.

La preoccupazione per Taiwan

È però, soprattutto, un’altra la preoccupazione che assale molti. Ed è assai più inquietante. E se la Cina approfittasse dell’attuale caos e, sempre nella logica neo-imperiale della quale si è detto, decidesse di intervenire su Taiwan? Un territorio che essa ritiene suo, e quindi neppure si porrebbe, dal punto di vista di Pechino, la questione dell’invasione di uno stato sovrano. Si consideri che il Partito Comunista Cinese (PCC) ha messo per iscritto la determinazione a riannettere l’isola in tempi ormai non più dilatati. E infatti nell’ultimo anno numerose sono state le iniziative intese a rafforzare questo concetto: manovre militari di una certa importanza nelle acque che circondano quella che una volta si chiamava Formosa, infiltrazioni presso la popolazione taiwanese, specie quella più giovane, per cominciare a far circolare presso di essa una narrazione suadente mirata a giustificare storicamente e culturalmente l’unità fra cinesi del continente e cinesi isolani, intensificazione dell’azione diplomatica per isolare ulteriormente Taipei più di quanto non sia già oggi.

Un contesto ambiguo e pericoloso

Il momento potrebbe essere propizio, a fronte di un inquilino della Casa Bianca così volubile e così attratto dallo stile padronale degli autocrati con i quali mostra di parlare volentieri, a cominciare da Putin. Proprio l’ambiguità con la quale Trump sta (o meglio dire: non sta) gestendo la questione ucraina potrebbe indurre Xi Jinping a tentare il colpo grosso, immaginando una dura reazione verbale da Washington destinata infine a risolversi in un accordo al ribasso a tutto vantaggio del Celeste Impero. Una soluzione finale del dibattito decennale su Taiwan che parrebbe impossibile alla luce delle dichiarazioni ferme e non interpretabili altrimenti che gli USA hanno sempre fatto a tutela dell’indipendenza taiwanese. E dello stesso spostamento dell’interesse prioritario statunitense dall’Atlantico al Pacifico, proprio in funzione anticinese alla luce dello sviluppo imperioso, anche militare e marittimo, impresso dalla guida di Xi nell’ultimo quindicennio.

Le ambiguità del Taiwan Relations Act

Ma non bisogna scordare che sulla questione gli Stati Uniti sono un po’ ambigui da tempi lontani. Il Taiwan Relations Act (TRA) a suo tempo approvato dal Congresso USA offre la possibilità di relazioni diplomatiche fra Washington e Taipei pur riconoscendo l’esistenza di una sola Cina e prendendo atto (senza però dichiarare esplicitamente una condivisione della tesi) della determinazione di Pechino nel considerare Taiwan una provincia della Cina.

Non solo: il TRA consente agli Stati Uniti di fornire a Taiwan armamenti per la propria difesa ma non esplicita (e però neppure esclude) l’eventualità che a fronte di un attacco cinese essi difendano militarmente l’isola. Un ambiguo intreccio di parole che sino ad oggi ha retto ma che le novità guerresche impostesi nel mondo a partire dall’invasione russa dell’Ucraina rischia di far saltare.

Quando cominciano a parlare le armi con troppa frequenza, le sottigliezze (e le ambiguità) linguistiche mostrano la corda. Non sappiamo che accadrà. Speriamo nulla. Ma che a Pechino stiano esaminando i piani, pronti da tempo, per l’invasione di Taiwan, questo è pressoché certo.