Le rivoluzioni dell’uomo e della macchina
I cambiamenti introdotti dalla rivoluzione industriale dell’Ottocento erano stati considerati epocali per le innovazioni negli stili di vita, nell’organizzazione del lavoro e nell’accelerazione impressa all’economia e alla stratificazione sociale: un processo di modernizzazione enorme sul piano potenziale e fattuale, con un effetto moltiplicatore dirompente.
La rivoluzione tecnologica del Novecento, iniziata con l’uso sempre più massivo di apparati e macchine, si è consolidata con la dematerializzazione e la digitalizzazione informatica, come processo pervasivo che, per dimensioni spazio‑temporali e target di fruizione, si è configurato come un derivato della globalizzazione, legato a modi di essere e di fare che si esprimono a ogni latitudine, superando gli spazi angusti della quotidianità e finendo per condizionare i comportamenti individuali e collettivi di tutti. IA e metaverso sono gli avamposti della riconversione del reale nel virtuale.
Le generazioni e la cultura nell’era digitale
La diffusione ubiquitaria delle tecnologie di ultima generazione non conosce ostacoli e si manifesta come un fenomeno ormai irreversibile con cui dobbiamo fare i conti. La stessa alternanza generazionale non è più un fatto ciclico che si avvicenda secondo paradigmi ripetibili, poiché ciò avviene mentre mutano contesto, vita sociale, diritti e doveri, aspettative, logiche dei mercati e della competizione.
Possiamo affermare che la dimensione economica e quella del pensiero computazionale hanno sovvertito il concetto stesso di cultura come processo di lunga metabolizzazione del sapere, dagli apprendimenti scolastici a quelli del tempo libero, mentre i codici comunicativi semantici e simbolici non seguono più metodiche regolamentate, essendo travolti dalla deregulation dei social e dal tumultuoso entrare in scena di informazioni disparate che hanno rotto gli schemi di un sapere prevalentemente tramandato, a favore di un avvicendamento di dati, notizie e modalità interpositive che è spesso difficile collocare, discernere e padroneggiare.
Si pone così un problema cruciale: la consegna generazionale degli stilemi linguistici e degli alfabeti relazionali è a rischio, pena il divaricarsi di un gap comunicativo.
Età, lavoro e tecnologia
Sul piano demografico, l’allungamento della vita e l’invecchiamento della popolazione creano un surplus di percipienti rispetto all’area della produttività. La società aperta e multiculturale (pur con alcune discrasie implicite, come la perdita dei radicamenti dell’appartenenza) produce un incessante interscambio di contatti e relazioni, anche se lo iato generazionale permane in una realtà dove la rendita degli anziani e la precarietà del lavoro dei giovani, terminati gli studi, costringono questi ultimi a uno status pupillare di latenza e attesa.
Inoltre, si apre la questione della terza e persino della quarta età e — nelle interconnessioni generazionali — dei principi di compatibilità e sostenibilità dei processi di inclusione o emarginazione degli anziani dalla fruizione e dall’uso delle nuove tecnologie, e con esse da una presenza attiva e fattiva alla vita sociale e culturale del nostro tempo, al fine di spezzare derive di isolamento e solitudine.
Etica e accessibilità nel mondo digitale
Innovazione tecnologica e digitalizzazione hanno una funzione eminentemente facilitativa rispetto alla congerie infinita di azioni, contatti, scambi di informazioni e apprendimenti e all’organizzazione della nostra stessa esistenza. Tuttavia, si evidenziano difficoltà oggettive sotto diversi profili, non solo nell’uso e nel padroneggiamento degli strumenti sempre più sofisticati a disposizione, ma anche nell’etica della comunicazione e dell’informazione: poiché in rete mancano spesso filtri e controlli sulla veridicità dei flussi di dati e notizie, occorre possedere abilità e competenze nell’uso degli apparati e capacità di discernimento e di pensiero critico nel vaglio di ciò con cui entriamo in contatto, in modo pervasivo e diffusivo.
Questo fenomeno crea problemi ad ogni età: si pensi alle mistificazioni virtuali che occultano le evidenze del reale e a quella forma di violenza simbolica che usa i mezzi tecnologici per aggirare i confini dell’etica. E questo riguarda soprattutto le giovani generazioni, al punto che i reati a sfondo tecnologico nel buio del web superano, in percentuale, quelli agiti fisicamente e paradossalmente finiscono — pur con una dotazione straordinaria di apparati — per inibire e frustrare i processi comunicativi: prevale infatti tra i giovani un uso solipsistico della fruizione digitale e tecnologica.
Ma anche per le persone d’età avanzata, che avevano vissuto processi di alfabetizzazione e acculturazione verbale o scritta, tramandata e consolidata nel tempo, l’introduzione di cellulari e computer tra le abitudini quotidiane determina fenomeni adattivi sul piano manuale e, soprattutto, sulla logica di pensiero. Come applicare alla propria età un approccio basato sulla tecnologia per conoscere, informare e informarsi? Come accedere alla pubblica amministrazione, agli uffici e alle istituzioni, scambiando dati e relazioni? Come accettare un cambio di passo e di mentalità?
Il valore della memoria e dell’esperienza
Sullo sfondo rimane l’intendimento facilitativo e il processo di semplificazione che si sta legittimando anche attraverso la gestione del PNRR. Per questo appare necessaria un’azione di guida e counseling da parte delle istituzioni: servono corpi sociali intermedi per creare sinergie e favorire un atteggiamento propositivo e una partecipazione solidaristica.
Sarebbe un grave errore se gli anziani, come purtroppo accade per ottusità e scarsa comprensione dei loro interlocutori (uffici pubblici, enti, aziende private, compagnie telefoniche, fornitori di beni e servizi), fossero emarginati o peggio espunti — quando non fatti oggetto di tentativi di estorsione o di truffa — dal processo di inclusione digitale e dal diritto ad accedere alle nuove tecnologie.
Come acutamente osservato da Giuseppe De Rita, i processi di semplificazione non devono essere nominalistici, virtuali o complicati, nemmeno frettolosi e traboccanti di trappole che inducano all’errore: parlare di “riconversione ecologica e digitale” comporta processi di metabolizzazione lenti, consapevoli e partecipati.
C’è un tempo diverso per ogni età e sono gli apparati, la rete, le istituzioni, i network e i provider che devono adattarsi e commisurarsi al target di un’utenza complessa e diversificata.
Sarebbe tuttavia — infine — un errore di metodo chiudersi nelle consuetudini del passato, anche se più rassicuranti sul piano emotivo. Certo, non è facile e viene un momento della vita in cui si vive più di abitudini che di progetti. Tuttavia, esser parte di una comunità che usa l’innovazione tecnologica come strumento di promozione della condizione umana può restituire, anche nell’ultima stagione dell’esistenza, la sensazione di sentirsi utili e di esserlo per gli altri, senza dimenticare il valore aggiunto che deriva dall’esperienza, fonte inesauribile di valori e insegnamenti a cui le giovani generazioni hanno il dovere di attingere per conservare la memoria di chi ci ha preceduto e contribuire a valorizzare la storia nella sua continua ripetibilità. E i fatti di questo tempo conflittuale e doloroso ci ammoniscono a ricordarlo.