La scossa Mamdani
La notizia, seppur ancora formalmente in attesa di conferma, è ormai consolidata: Zohran Mamdani, deputato statale e membro dei Democratic Socialists of America, ha vinto le primarie del Partito Democratico per diventare il candidato sindaco di New York. Il risultato sarà ufficializzato solo lunedì 1° luglio, a dodici giorni di distanza dal voto, a causa del sistema del “ranked-choice voting” che ha richiesto una lunga elaborazione. Ma il verdetto politico è già in campo: un candidato apertamente socialista è il nome del partito di maggioranza nella città simbolo del capitalismo americano. Non era mai accaduto.
La vittoria di Mamdani ha aperto un fronte inatteso. Il bipartitismo, che da decenni scandisce i ritmi della politica americana, viene improvvisamente messo in discussione non da un outsider esterno, ma da un esponente del partito stesso. Una candidatura che, pur venendo dall’interno del Partito Democratico, ne mette in crisi la forma classica, accentuandone la frattura interna.
I giochi che si aprono
Il primo a reagire è stato Eric Adams, sindaco uscente e ora deciso a ricandidarsi come indipendente, appoggiato da settori moderati e dal mondo degli affari. Lo sostiene una parte della finanza immobiliare cittadina e l’area repubblicana più pragmatica, che lo vede come unica barriera al “pericolo rosso” rappresentato da Mamdani.
Il Partito Repubblicano ufficiale è invece fermo su Curtis Sliwa, figura simbolica più che competitiva, mentre si moltiplicano le voci di un possibile ripensamento a favore di Adams. Intanto Andrew Cuomo, sconfitto alle primarie, non ha escluso di restare in campo con una sua lista. Si profila una corsa a quattro che, in un contesto di voto frammentato, potrebbe essere decisa con poco più del 30% dei consensi.
Denaro e strategie: i PAC entrano in scena
In questa nuova geografia politica, i PAC (Political Action Committees) svolgeranno un ruolo decisivo. Si tratta di comitati politici esterni ai partiti, autorizzati a raccogliere e spendere fondi a sostegno o contro i candidati. Se formalmente indipendenti, nella pratica influenzano in modo determinante l’andamento delle campagne. I PAC progressisti stanno già convogliando risorse a favore di Mamdani, che punta a una raccolta complessiva di oltre 8 milioni di dollari. Ma anche il fronte conservatore si muove: imprenditori e gruppi immobiliari hanno cominciato a finanziare Adams, nella speranza di arginare il candidato socialista.
L’ingresso massiccio del denaro nella battaglia municipale rende ancora più evidente la posta in gioco: non si tratta più solo di scegliere il sindaco di New York, ma di ridefinire l’equilibrio tra spinte ideologiche, interessi economici e modelli di governance.
La crisi del sistema
La candidatura di Mamdani ha rotto un equilibrio. E ciò che si sta aprendo non è solo una battaglia elettorale, ma un confronto culturale e strategico che potrebbe avere ripercussioni oltre i confini cittadini. Il bipartitismo americano – logorato da polarizzazione e rigidità – appare incapace di contenere le nuove domande sociali. E New York, laboratorio politico da sempre, restituisce l’immagine di un sistema che fatica a rappresentare la complessità del presente.
In gioco, stavolta, non c’è solo una poltrona. C’è l’idea stessa di alternativa. E il suo posto – in una delle città più simboliche d’America – potrebbe essere occupato da chi, fino a ieri, era considerato incompatibile con le logiche del potere.