Accade che qualche giorno fa una madre e un figlio siano stati arrestati negli Stati Uniti dopo l’udienza del tribunale di Los Angeles per la convalida dello status di rifugiato.
È prassi corrente che gli agenti federali si appostino fuori dai tribunali per beccare facilmente i clandestini che vanno davanti al giudice nella speranza di mettersi a posto con la legge. Nello specifico, oltre alla madre honduregna, sono stati arrestati anche i due figli di 9 e 6 anni, e tutti sono stati poi portati in un centro di detenzione.
Ricorre il caso che il più piccolo soffra di leucemia e che, alla pomposa esibizione della pistola da parte dei “gringos”, se la sia fatta addosso per la paura, restando inzuppato per chissà quanto tempo, oltre a essere a corto – ed a secco – di medicine.
Sangue bianco, sangue freddo
La leucemia denuncia un “sangue bianco”, un eccesso di bianco, un lindore che pure ai tutori dell’ordine non dovrebbe dare fastidio. Quella malattia, come è noto, può manifestarsi in forma acuta, subacuta o cronica.
Ciò che è certo è che gli uomini della legge non abbiano brillato di acume nell’agire mostrando, risoluti, gli aculei da sparo anche quando non era necessario; ma ormai il guaio è fatto.
Forse non hanno tenuto conto dell’antica distinzione tra sangue sottile e sangue denso e, senza pensarci troppo sopra, non ci sono andati appunto per il sottile: hanno voluto andare al sodo, senza troppi preamboli di delicatezza.
Avranno pensato che in quella famiglia di irregolari corresse sangue caldo e quindi fosse opportuno tirare fuori, potenzialmente, anche un bazooka. Dunque, hanno agito con il sangue freddo richiesto per l’occasione.
Il corpo vulnerabile e il potere cieco
Sembra che ai primordi della medicina, la teoria umorale di Ippocrate di Coo prevedesse che il sangue facesse squadra con il flegma, la bile gialla e quella nera.
Così che all’umore del sangue corrispondeva un temperamento sanguigno; alla bile gialla, un carattere collerico; con la bile nera si era malinconici, mentre si era flemmatici a causa del flegma.
Non è chiaro quale sia adesso l’umore del piccolo recluso. Comunque stiano le cose, gli si è raggelato il sangue, il suo tessuto connettivo si è fatto di ghiaccio e, per la paura, si è fatto la pipì addosso.
I suoi globuli rossi sono di colpo impalliditi, quelli bianchi si sono arresi all’invasione dei transformers che improvvisamente li insidiavano, e le piastrine avevano atroci sensi di colpa per essere additate da impiastri dalla società del buon ordine.
Il diritto alla delicatezza
L’Honduras è il paese della profondità delle acque. La gente di quel posto è abituata a perdersi negli abissi delle strade del mondo per non farsi trovare e per mettere radici nascoste lì dove non spetta accoglienza.
Non importa che, secondo Goethe, il loro “succo particolare” sia secondo i canoni o, al contrario, pallido e bianchiccio e avrebbe quindi bisogno di una sistemata, di una pennellata di colore fiammante.
Nei centri di detenzione si accolgono quelli a cui non spetta un diritto perché fuori dalle regole stabilite, ed è giusto così. Dovrebbe, in ogni caso, guardarsi con attenzione all’uso del potere.
Detenere indica un possesso e un mantenimento. Vi si accompagna comunque un sostenere: non solo il proprio diritto, ma anche chi versa in difficoltà o è in una situazione di debolezza.
A quel bambino balbetterà chissà per quanto tempo un sangue già in crisi, che si incrocerà con la pipì che tenterà di ungerlo per sbloccarne i meccanismi. Corre voce che i bimbi siano sacri, e si resta in attesa di chi se lo ricordi.