Il ritorno dell’illusionista
Della sua generazione è probabilmente il più bravo di tutti. A causa del suo carattere c’è chi lo detesta e chi invece lo apprezza, troppo pochi comunque in base alle sue qualità o ai suoi difetti.
Questa volta ha tirato fuori dal cilindro un’idea vecchia, tanto da far sembrare la geriatria qualcosa di primo pelo. Per rimediare ha usato un’immagine diversa, smettendo di parlare direttamente di un “centro”, un’ambizione che nessuno sembra desideri realmente.
Sarà perché il 30% degli italiani che sentono di non avere rappresentanza politica nei partiti attuali stanno bene, di fatto, nell’anonimato in cui si sono rifugiati. Si vive anche senza politica e lo dimostrano così da anni.
Renzi è uno che muove le acque dell’afa estiva ed ha lanciato un sasso nell’aria ferma di questi giorni, almeno per marcare una presenza.
La tenda riformista
Se si è ben compreso, ha parlato della necessità di mettere in piedi una tenda riformista che recuperi i consensi degli elettori di centro per far vincere nelle prossime politiche del 2027 il centrosinistra.
Verrebbe da suggerire di smettere di parlare di “riforma”, un termine che lascia intendere l’esigenza di dare una nuova forma a qualcosa che invece, avendo fallito, merita di essere ritoccato. Qualcosa che necessita, quindi, di un aggiustamento ripetuto pressappoco all’infinito.
Con il clima attuale, forse Renzi si è ispirato alla bellezza della tenda beduina montata a fine agosto del 2010 da Gheddafi in occasione della sua visita in Italia, e ne avverte una nostalgia.
Pregi, difetti e miraggi
La tenda ha pregi e difetti. Non ha pareti solide, per cui si può entrare agevolmente ma anche uscirne quando si è arrivati alla noia.
Può avere stagioni di grande fortuna e poi chiudere i battenti, proprio come il Teatro Tendastrisce che fu una novità e per vent’anni si propose in maniera vincente come uno spazio diverso per fare attività artistica.
In tutta la storia della Seconda Repubblica, il polo progressista si è diviso in mille e più strisce, fino ai coriandoli, perdendosi in distinguo, differenze e ricuciture varie.
La tenda può essere stabile, ma ha natura momentanea: ce lo dicono i nomadi, che ne tirano su una dove conviene, per poi smontarla e riposizionarla lì dove ci si è spostati e dove nuovi verdi pascoli sono pronti ad accoglierti.
Sotto la tenda (o fuori)
Tender si traduce anche in tenerezza — che non è proprio la cifra distintiva di quel campo.
Ancora, la tenda richiama anche un tendere a qualcosa, forse di irraggiungibile, che ha un valore proprio per la sua impossibilità di tradursi in fatto, di trasformarsi in una vela che porti davvero lontano.
Per l’intanto, ci si potrebbe accontentare anche solo di un tendalino per proteggersi dalla calura battente… e poi si vedrà.
Varrebbe la pena ricordare alla futura tenda di Renzi e ai suoi ospiti passeggeri che a sinistra c’è un’ala estrema che fa voli sempre distanti dal centro, guardato con obbrobrio.
Dall’altra parte, pur con la lentezza e le contraddizioni che la Storia sembra richiedere, c’è un partito conservatore che pian piano potrebbe trovare la sua definizione, spurgandosi di un tetro passato ormai avviato all’estinzione.
Tra ombre rosse e sogni arabi
C’è chi un tempo disse che era bello stare con il proprio Signore desiderando di piantare addirittura tre tende — ma si trattò di un desiderio senza esito. Tornando giù dal monte, furono anzi costretti al silenzio, non potendo raccontare la trasfigurazione a cui assistettero.
Sotto la tenda si ha un riparo dai raggi cocenti del sole, ma si corre il rischio di restare perennemente in ombra; il pericolo è che, appena ci si sporge, si venga fulminati dal fuoco amico e nemico. Questioni di ombre rosse, per nulla pacifiche al riguardo.
Si dice che all’ombra del tramonto anche i nani diventano giganti; se non ci si espone almeno un po’ fuori dalla tenda, le misure restano quelle iniziali.
Insomma, dove c’è bellezza non ci sono tende da piantare, ma saper salire e scendere, un camminare insieme in buona compagnia, poche parole e molti fatti.
Aladino sane
Tempo fa uscì un magnifico album di David Bowie a titolo Aladdin Sane, che si traduce nel gioco di parole A lad sane — un ragazzo pazzo, che è un po’ la natura d’azzardo di Renzi.
Alla fine, ci si potrebbe dunque sempre affidare alla lampada di Aladino per tramutare i sogni in realtà, o — più semplicemente — affidarsi al rivisto proverbio:
“Nuoce tendar? Tendar non nuoce.”