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lunedì, 14 Luglio, 2025
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Dalle parti di Sondrio: la grande fusione che minaccia una grande Banca

Il caso della Banca Popolare di Sondrio: tra storia, coesione territoriale e logiche di mercato. L’allarme per una trasformazione che potrebbe cancellare un modello virtuoso di finanza cooperativa.

Dall’inizio del 2025 si assiste a una nuova stagione di concentrazioni bancarie, definita dalla stampa “risiko bancario”. Si tratta di operazioni di fusione attraverso offerte pubbliche di scambio (OPS), cioè offerte di azioni contro azioni, raramente accompagnate da conguagli in denaro. Alcune operazioni hanno attirato grande attenzione mediatica – come quella di Mps su Mediobanca o di Unicredit su Banco Bpm – mentre altre sono passate più in sordina. È il caso dell’Ops lanciata, a sorpresa, da Bper Banca su Banca Popolare di Sondrio all’inizio di febbraio 2025.

 

Una banca con 154 anni di storia

Fondata nel marzo 1871, la Popolare di Sondrio nasce nello spirito del credito cooperativo di Luigi Luzzatti. Tra i suoi soci più illustri si annoverano Fabio Besta, padre della ragioneria, ed Ezio Vanoni, insigne economista valtellinese e ministro. Ultima tra le popolari a trasformarsi in società per azioni, in seguito al decreto Renzi del 2015 che imponeva tale obbligo alle banche con attivo superiore agli 8 miliardi, la Popolare di Sondrio ha saputo mantenere nel tempo un forte radicamento territoriale, espandendosi però a livello nazionale e internazionale (si pensi alla Popolare Sondrio Suisse).

Crescita sana e visione sociale

Modello di banca del territorio, ha puntato su prossimità alla clientela, crescita organica, bilanci in ordine e utile costante. Ha sempre distribuito dividendi (nel 2025, 0,80 euro per azione sul bilancio 2024) e promosso la partecipazione attiva dei soci. In controtendenza rispetto alla “desertificazione bancaria” – che solo nel 2024 ha visto la chiusura di 609 sportelli in Italia, e altri 95 nel primo trimestre 2025 – la Popolare di Sondrio ha aperto 28 nuove filiali negli ultimi quattro anni, superando quota 530. Esemplare la riapertura dello sportello a Colere (BG), su petizione di 500 cittadini. Ultima apertura: Jesolo.

I numeri delloperazione e le ombre sul futuro

Venerdì 11 luglio si è chiuso il periodo di adesione all’Ops: Bper ha superato la soglia del 50%+1, raggiungendo il 58,35% del capitale di Popolare Sondrio (di cui il 19,74% portato da Unipol e lo 0,34% già posseduto). Se la fusione per incorporazione andrà in porto, si annunciano effetti rilevanti sull’occupazione e sulla struttura della banca: a Sondrio lavorano circa 900 dipendenti, pari al 28% del totale aziendale e al 4% della popolazione cittadina. Si teme il ripetersi del trauma già vissuto con la soppressione delle funzioni centrali del Credito Valtellinese dopo l’acquisizione da parte di Crédit Agricole.

Un piano industriale indipendente e virtuoso

A marzo, la Popolare di Sondrio ha presentato il proprio piano industriale 2025-2027, progettato in autonomia e già operativo. I numeri parlano chiaro:

  • utile netto cumulato previsto: 1,8 miliardi di euro;
  • dividendi complessivi nel triennio: 1,5 miliardi;
  • payout ratio all’85% già dal 2025 (contro il 63% del 2024, e il 75% previsto da BPER);
  • Roe superiore al 14% per tutto il piano;
  • Cet 1 ratio >14% al 2027;
  • 233 nuove assunzioni previste, dopo 406 già effettuate negli ultimi 5 anni, con priorità agli under 30.

Una contraddizione difficile da ignorare

Il progetto di Bper appare contraddittorio: mira ad assorbire una banca sana e radicata, escluderla dalla Borsa (delisting) e conservarne il solo marchio nelle aree storiche. Questo mentre il gruppo Bper contempla quattro banche nel suo perimetro: Bper, Banco di Sardegna, Banca Cesare Ponti e Bper Bank Luxembourg. Si parla della nascita di un “terzo polo bancario” dietro Intesa e Unicredit. Ma ciò che serve non sono poli, bensì banche che sappiano servire i territori, creando valore e coesione. Parafrasando un vecchia pubblicità, non serve una banca grande ma una grande banca.

Vanoni e la memoria di una comunità

Nella sede della Banca Popolare di Sondrio, proprio negli Uffici della Presidenza, vi è il ritratto di quel grande galantuomo e ministro che è stato Ezio Vanoni. Nel suo ultimo intervento al Senato il 16 febbraio 1956 – giorno in cui morì – ricordò come nella sua provincia, quella di Sondrio, ci fosse un piccolo Comune di 1.200 abitanti  che era collegato con la pianura per mezzo di una mulattiera, sicché occorrevano cinque ore di cammino a piedi per raggiungerlo. Quel piccolo villaggio di montagna ha avuto nelle due guerre il maggior rapporto tra popolazione residente e caduti. Nelle lapidi dell’ultima guerra si vedono vicini i nomi di fratelli e di cugini appartenenti alla medesima famiglia, il nucleo di quelle truppe di montagna la cui formazione è rispettata nel mondo. Sono gli alpini dei battaglioni Tirano e Morbegno – spiegava Vanoni – che ruppero con il loro sacrificio l’accerchiamento delle divisioni alpine in Russia. “Molte case oggi sono vuote delle loro giovani speranze e delle loro migliori forze. Ora noi dovremmo ricordarci di quegli uomini che in guerra e come partigiani sacrificarono la loro vita ad una Italia che tante volte si ricordava di loro solo per mandare la cartolina -precetto e non per costruire le strade che rendono più agevole la vita di queste contrade”.

Il monito di Vanoni, per analogia, vale anche oggi: ricordiamoci di cosa rappresenta la Popolare di Sondrio per la sua gente. È un esempio di finanza al servizio del territorio e dunque, anche nel nuovo scenario che si annuncia,  merita di restare tale.