Mercoledì prossimo, a Roma, si apre il Congresso nazionale della Cisl. Un congresso che incorona segretaria generale Daniela Fumarola, dopo la stagione guidata da Luigi Sbarra, approdato recentemente all’importante incarico istituzionale di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la delega al Sud. Ma, per fermarsi alla Cisl, non possiamo non ricordare che si tratta di una assise importante non solo per il futuro di quella organizzazione ma anche, e soprattutto, per il futuro del sindacalismo italiano e per la stessa vita democratica del nostro paese. E questo per due ragioni di fondo.
Un sindacato che fa il mestiere del sindacato
Innanzitutto perché la Cisl, oggi, interpreta il vero profilo di quello che dev’essere un sindacato moderno, innovativo, libero e propositivo. Cioè di un sindacato che privilegia sempre e solo la contrattazione, il dialogo con le altre parti sociali, il confronto con il Governo nazionale e locale senza pregiudizi politici ed ideologici. Un sindacato, cioè, per dirla in termini banali e quasi scolastici, che fa il mestiere del sindacato. E quindi la difesa e la promozione dei ceti popolari, dei più disagiati e di tutti i cittadini che attendono dal sindacato risposte concrete e tangibili, al di là e al di fuori degli anatemi e delle crociate ideologiche. Un sindacato, infine, che fa dell’autonomia dalla politica e dai partiti la sua cifra distintiva. Senza confusione di ruoli e senza invadere il campo, improprio ed innaturale, della politica e dei partiti. O di ciò che resta dei partiti.
Le radici ideali e l’eredità della Cisl
In secondo luogo, e altrettanto importante, la Cisl resta fedele alla sua storia culturale, ideale e anche politica. Nel corso della mia vita ho conosciuto molti esponenti e dirigenti sindacali della Cisl. Per ragioni personali e di formazione politica e culturale, ho avuto la fortuna – e l’onore – di frequentare a lungo leader, statisti e dirigenti politici che avevano avuto le loro origini proprio nell’impegno sindacale a livello nazionale. Da Carlo Donat-Cattin a Franco Marini. Ebbene, la concezione che avevano queste personalità del sindacato e del rapporto che lo stesso sindacato doveva avere con la politica, era lo stesso che è stato predicato e, soprattutto, praticato in tutti questi anni dai vari dirigenti della Cisl che si sono succeduti al vertice dell’organizzazione di Via Po. E quindi, centralità della contrattazione locale e nazionale, autonomia da garantire e salvaguardare nei confronti di chicchessia, cultura del dialogo e del confronto senza pregiudiziali politiche, distinzione dei piani, priorità al merito delle questioni sul tappeto ed astensione dalle dispute politiche e partitiche. Detto con una sola parola, e senza alcuna polemica, l’esatta alternativa di tutto ciò che da anni caratterizza la Cgil di Landini.
La coerenza è la vera rivoluzione
Ecco perché, se vogliamo coniare uno slogan, la vera rivoluzione sociale e sindacale oggi è quella rappresentata dalla Cisl. Cioè di un sindacato fedele alle sue origini culturali e storiche che, seppur tra mille difficoltà, cerca di assolvere sino in fondo al ruolo che spetta costituzionalmente al sindacato. E questo perché, a volte, la vera rivoluzione è proprio quella di restare fedeli a se stessi, alla propria storia e al proprio ruolo..