Al convegno internazionale “Global South Innovation”, svoltosi dal 9 all’11 luglio a Maida, Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, ha svolto un intervento ricco di spunti culturali e spirituali, che si muove tra teologia, filosofia, poesia e politica. Un discorso che attraversa i secoli e i mari, per tornare a interrogare l’umanità sul senso della civiltà, della sostenibilità e della speranza.
Un intervento poetico e profondo
Il titolo – “Chi siamo: Achille, Ulisse o Enea?” – segna subito il registro: siamo ancora abitanti del Mediterraneo, e da lì partono tutte le domande decisive. Lo dimostrano, dice Monda, i tre grandi poemi fondativi della civiltà occidentale, Iliade, Odissea ed Eneide, che si confrontano con la guerra, l’esilio e la speranza. Ma l’inizio del suo discorso è affidato a una notazione ecclesiale: Papa Leone XIV, afferma, ha espresso più volte il desiderio di recarsi a Nicea per le celebrazioni del 1700° anniversario del primo grande concilio ecumenico. Non è solo un atto simbolico, ma un ritorno alle sorgenti dell’unità.
Il gap tra tecnica ed etica
Monda cita il noto dialogo tra Habermas e Ratzinger per mettere a fuoco il problema centrale: lo squilibrio tra il progresso tecnico-scientifico e la crescita morale. L’Occidente – come un adolescente cresciuto nel corpo ma non nello spirito – rischia di non essere in grado di “sostenere” le proprie scelte. Da qui l’idea che la sostenibilità vera sia una questione etica, un esame di maturità collettiva.
A questo punto il discorso prende la via della letteratura: dalla Terra desolata di Eliot alla profezia poetica di Papa Francesco, che ha parlato del nostro tempo come segnato da una “terza guerra mondiale a pezzi”. Un mondo fuori dai cardini ha bisogno, secondo Monda, non solo di economisti ed esperti, ma soprattutto di poeti.
Achille, Ulisse, Enea: quale figura ci guida?
A partire da Nicea, il Mediterraneo diventa lo scenario simbolico per una scelta di identità. Vogliamo essere Achille, l’eroe potente e superbo? Ulisse, l’astuto errante? O Enea, il profugo generativo che si carica il padre sulle spalle e guida il figlio verso un futuro da costruire?
La risposta è affidata a una visione cristiana della civiltà, che Monda racconta anche attraverso la metafora del femore rotto – citazione di Margaret Mead – e la lezione di Dante: «Fatti non foste a viver come bruti…». Civiltà è prendersi cura. È scegliere la tenerezza come unica insurrezione umana contro la barbarie.
Il Mediterraneo e il meticciato
Risuonano forti, nel discorso, le parole di Papa Francesco, da Lampedusa a Marsiglia, da Napoli ad Ajaccio, sempre in difesa del Mediterraneo come culla della civiltà, laboratorio di pace e luogo dell’incontro. Ma anche teatro della tragedia: mare nostrum che diventa mare mortuum.
Per Monda, è questo il vero snodo: recuperare uno sguardo nuovo, capace di tenerezza e pietà. Solo così l’umanità sarà degna di questo nome.
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