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sabato, 2 Agosto, 2025
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Le parole di Herzog, uno spiraglio tra le macerie di Gaza

Il presidente israeliano risponde a Mattarella rammaricandosi per le sue parole ma lasciando intravedere, sia pure con prudenza, un possibile cambio di orizzonte.

Le dichiarazioni del presidente israeliano Isaac Herzog, affidate al social network X, non passano inosservate. Se da un lato egli ribadisce con fermezza la posizione d’Israele in merito alla guerra in corso, dall’altro, pur in tono difensivo, introduce parole che suonano nuove — almeno nel linguaggio ufficiale — nel riconoscere il dolore dei civili palestinesi di Gaza. Una frase su tutte, in apparenza semplice, segna un punto di discontinuità: “Non siamo indifferenti al dolore dei civili palestinesi a Gaza”.Herzog esprime “rispetto” per il presidente italiano Sergio Mattarella, definito “amico”, ma si dice “rattristato” da alcune sue recenti affermazioni. Tuttavia, la risposta non è quella tipica del muro contro muro diplomatico: c’è piuttosto un tentativo di dialogo, di chiarimento, di apertura.

L’amicizia con Mattarella e la questione degli ostaggi

“Mattarella ha avuto ragione ad affermare che Israele è stato brutalmente attaccato il 7 ottobre” — riconosce Herzog — e subito ricorda che 50 ostaggi israeliani sono ancora prigionieri, “trattenuti in condizioni disumane nei tunnel di Hamas”. Ma aggiunge un passaggio significativo: “La loro intollerabile sofferenza, l’agonia delle loro famiglie e la sofferenza dei civili di Gaza, che non vogliamo, potrebbero finire oggi” se gli ostaggi fossero liberati.

Il presidente israeliano assicura che Israele ha accettato diverse proposte di cessate il fuoco, tutte respinte da Hamas. E ribadisce: “Israele non ha intenzione di uccidere indiscriminatamente. Vogliamo solo vivere in pace e sicurezza”. È un’affermazione che non basta certo a placare le critiche internazionali, ma nella quale si coglie almeno la consapevolezza che il tempo della guerra non può durare in eterno.

Il rispetto del diritto internazionale

In un passaggio meno difensivo e più riflessivo, Herzog ammette che “gli errori accadono in guerra” e che Israele “sta facendo tutto il possibile per migliorare la situazione”. Rivendica il rispetto del diritto internazionale “in condizioni quasi impossibili”, contrapponendolo alla condotta di Hamas, che “viola palesemente e orgogliosamente le convenzioni e le leggi sui diritti umani”.

Parole che, certo, restano nel solco della narrazione ufficiale, ma lasciano spazio — almeno tra le righe — a un possibile ripensamento strategico. La pressione diplomatica, non solo europea, e l’appello reiterato di Mattarella alla “proporzione” e al rispetto della dignità umana, sembrano aver smosso le acque.

Verso settembre, tra pause e svolte

In un’estate segnata dalla paralisi diplomatica e dalle sofferenze sul campo, la dichiarazione di Herzog rappresenta forse il primo segnale — tenue, prudente, ma non per questo irrilevante — di una possibile svolta. Il nodo resta quello del rilascio degli ostaggi, ma anche della volontà reale, da entrambe le parti, di fermare la spirale di violenza.

Mattarella, nel suo intervento, non ha negato il diritto di Israele a difendersi, ma ha chiesto con forza di uscire dalla logica della distruzione e dell’odio. Le parole di Herzog, pur segnate da cautela, sembrano aver raccolto almeno in parte quell’appello.