21.3 C
Roma
lunedì, 4 Agosto, 2025
Home GiornalePresidenziali del Cile, la Dc al fianco della candidata comunista.

Presidenziali del Cile, la Dc al fianco della candidata comunista.

Il Partido Demócrata Cristiano sostiene ufficialmente la candidatura della Jeanette Jara alla presidenza del Cile. Una decisione inedita, che scuote il mondo cattolico e apre un nuovo corso per il partito.

Il 27 luglio scorso la Junta Nacional del PDC ha approvato con il 63 % dei voti il sostegno ufficiale alla candidatura della comunista Jeannette Jara, già ministra del Lavoro, oggi alla guida della coalizione progressista “Unidad por Chile”. La decisione, presa alla presenza di oltre 300 dirigenti nazionali, regionali e comunali, segna una svolta storica per la Democrazia Cristiana cilena, che per la prima volta dalla sua fondazione sostiene un’esponente del Partito Comunista alle presidenziali.

Un patto politico nel nome della democrazia

«Scegliamo l’unità del progressismo per proteggere la democrazia», ha dichiarato Alberto Undurraga, ex candidato ed ex ministro, oggi presidente del partito. «Jara incarna un progetto sociale aperto e solidale, coerente con il nostro linguaggio cristiano e popolare». Parole che hanno voluto subito sgombrare il campo dai fraintendimenti ideologici: non si tratta, spiegano i promotori, di una fusione dottrinaria, ma di una convergenza su obiettivi concreti, legati alla giustizia sociale, alla riforma fiscale e alla difesa dei diritti dei lavoratori.

Chi è Jeannette Jara e come ha accolto il sostegno DC

Jeannette Jara, 51 anni, avvocata e amministratrice pubblica, è militante comunista fin dall’adolescenza. È stata sottosegretaria alla previdenza sociale sotto Bachelet e ministra del Lavoro nel governo Boric. Considerata una figura dialogante, competente e priva di settarismo, ha costruito la sua immagine su una leadership pragmatica, capace di dialogare con il mondo imprenditoriale e con i sindacati.

Alla notizia dell’appoggio democratico-cristiano ha reagito con gratitudine e misura: «Ringrazio gli uomini e le donne del PDC per la loro fiducia. Il cammino comincia ora, insieme», ha dichiarato, sottolineando che «il Cile ha bisogno di un nuovo patto sociale, senza escludere nessuno». La sua campagna insiste su tre parole chiave: solidarietà, coesione e sobrietà istituzionale.

Voci cattoliche tra entusiasmo e inquietudine

La reazione del mondo cattolico cileno è stata articolata, e tutt’altro che uniforme. Tra le voci favorevoli spicca quella del gesuita padre Rodrigo Tupper, che ha definito la scelta del PDC «una testimonianza di apertura evangelica»: «Non si tratta di cedere sui princìpi, ma di mettersi accanto a chi lotta per i poveri. Il Vangelo non esclude nessuno, nemmeno i comunisti».

Più cauta, invece, la posizione del vescovo emerito di Punta Arenas, mons. Tomás González, che ha parlato di “una scelta ardita, da valutare con prudenza pastorale”. Il timore è che una parte dell’elettorato cattolico possa non riconoscersi in un’alleanza che, almeno nominalmente, unisce la Croce e la falce e martello.

Malumori interni: la spaccatura del consenso

Il voto favorevole al sostegno di Jara non ha però cancellato le fratture interne al PDC. L’ex senatore Jorge Burgos, figura storica del centrismo laico, ha espresso il suo dissenso definendo la scelta «un atto di autonegazione politica» e accusando la dirigenza di «diluire l’identità del partito in uno schema che premia la radicalità». Altri, come la deputata Joanna Pérez, pur sostenendo la scelta, hanno riconosciuto la necessità di «una nuova generosità politica, che però non dimentichi le nostre radici cristiane e popolari».

In effetti, la decisione è arrivata dopo un lungo dibattito strategico: sostenere un candidato proprio, che avrebbe probabilmente superato a fatica il 5 %, o puntare su un’alleanza ampia e contrattata, in grado di garantire al partito la sopravvivenza parlamentare e un ruolo negoziale reale? La seconda via ha prevalso.

Previsioni elettorali e obiettivi concreti

Jara ha vinto le primarie del 29 giugno con oltre il 60 % dei voti della coalizione, imponendosi come candidata ufficiale del governo uscente. Nei sondaggi più recenti, è data attorno al 16–18 %, dietro al conservatore José Antonio Kast (24 %) e quasi alla pari con Evelyn Matthei (15 %), in un contesto ancora molto fluido.

Il PDC, che oggi conta pochi rappresentanti in Parlamento, punta con questa alleanza a raggiungere almeno il 10–12 % alle elezioni legislative, soglia necessaria per riconquistare una rappresentanza significativa. «Vogliamo tornare a incidere, ma senza illusioni di protagonismo solitario», ha spiegato Undurraga. «Ci interessa essere utili al Cile, non salvare un’etichetta».

Una svolta di coscienza, non solo di calcolo

Quella del PDC non è stata solo una scelta elettorale. È stata una prova di maturità, ma anche di coraggio. Il partito ha deciso di misurarsi con il proprio tempo, mettendo a frutto il suo patrimonio di cultura democratica e sociale, senza cedere al nostalgismo né al dogmatismo.

Che cosa accadrà dopo, è ancora da scrivere. Ma resta un dato: nel Cile del 2025, la Democrazia Cristiana ha deciso di scommettere sull’incontro, non sull’isolamento. E questo, per un partito che porta nel nome la parola “cristiana”, può voler dire molto di più di un’alleanza. 

^^^^^

Il reel su Instagram di Alejandra Krauss

Dirigente del PDC

https://www.instagram.com/reel/DMrNrufolq-/?igsh=N282b2N0cGd2bjA=