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martedì, 12 Agosto, 2025
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Il Ponte nasce con la Dc, Salvini non lo sa

Fu il primo centro-sinistra ad avviare il progetto. Con il governo Rumor (1969) parte il concorso internazionale. Il ruolo forte dei calabresi Mancini (Psi) e Misasi (Dc): introvabile, oggi, una classe dirigente localmente attrezzata.

«Se il Ponte lo facesse un ministro del Pd sarebbe la più grande opera mai esistita». Così Matteo Salvini, leader della Lega e vicepremier, parlando al festival della Versiliana a Marina di Pietrasanta. A suo giudizio, «la politica ha fatto tutto ciò che poteva» e «è motivo di orgoglio per me portare a compimento qualcosa di cui si occuparono Craxi e Berlusconi, due grandi politici divisivi ma che guardavano lungo».

La vera origine: Rumor, Misasi e Mancini

In realtà, la storia del Ponte sullo Stretto non nasce negli anni ’80 e ’90, ma diversi anni prima. È il governo Rumor, nel maggio 1969, a dare l’impulso decisivo. Il ministro dei Lavori pubblici Giacomo Mancini (Psi), calabrese, bandisce il concorso internazionale di idee. Accanto a lui, nella compagine democristiana, il ministro Riccardo Misasi, anch’egli calabrese, sostiene con determinazione l’opera.

All’epoca il centro-sinistra attraversava già momenti di forte tensione interna; tuttavia, il rapporto di vertice tra Dc e Psi — anche fortemente dialettico — indirizzava e plasmava comunque le scelte della classe dirigente locale. Proprio sul Ponte, Misasi e Mancini fecero pesare la loro leadership in Calabria, legando l’intervento a una visione di sviluppo strategico per l’intero Mezzogiorno.

Dov’è la nuova classe dirigente del Mezzogiorno?

Da quella prima spinta sono passati oltre cinquant’anni, durante i quali il Ponte è stato oggetto di studi, progetti, società di scopo e innumerevoli stop. Il travaglio si è aggravato con il tumultuoso passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, quando la crisi politico-istituzionale e l’avvento del bipolarismo radicalizzato determinarono per varie ragioni il ridimensionamento degli investimenti pubblici, rallentando drasticamente la realizzazione di tutte le grandi opere.

Ci sono motivi, al di là della retorica di Salvini, per attingere alla lezione del passato. Oggi, pur restando un’infrastruttura strategica per il Sud, il Ponte si colloca in una prospettiva più ampia: quella dell’asse integrato europeo dei collegamenti, una rete viaria, ferroviaria e infrastrutturale che punta a connettere il Mediterraneo al cuore del continente.

Chi difende questa prospettiva? Sul territorio mancano i Mancini e i Misasi: manca cioè una classe dirigente — De Luca sta uscendo di scena — in grado di orientare e dirigere un processo di modernizzazione del nostro Mezzogiorno.