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giovedì, 21 Agosto, 2025
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Digiuno, preghiera, perdono: Leone XIV chiama i fedeli alla speranza

Il Papa invita tutti i fedeli a supplicare il Signore perché asciughi le lacrime dei popoli e conceda giustizia, ricordando che l’amore e il perdono possono trasformare le ferite in rinascita.

“Quante relazioni si spezzano, quante storie si complicano, quante parole non dette restano sospese. Eppure, il Vangelo ci mostra che c’è sempre un modo per continuare ad amare, anche quando tutto sembra irrimediabilmente compromesso.”

Le parole di Papa Leone XIV risuonano come un invito delicato ma fermo: guardare le fratture della vita con occhi che scelgono la speranza. Silenzi che pesano, ferite che sembrano senza rimedio, gesti mancati che lasciano vuoti profondi. Eppure, anche nel cuore più infranto, il perdono può fiorire.

“Perdonare — ha spiegato — non significa ignorare il male, ma impedire che il rancore decida il futuro.” Come Gesù, che nell’Ultima Cena lava i piedi di chi lo tradirà, il perdono è un dono libero, un gesto che trasforma la ferita in possibilità di rinascita.

Il Papa estende il suo sguardo al mondo intero. In un tempo segnato da conflitti e lacrime, ha auspicato il cessate il fuoco e l’accordo tra le parti, e ha lanciato un appello urgente:

“Invito tutti a vivere la giornata del 22 agosto in digiuno e in preghiera, supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia, e che asciughi le lacrime di chi soffre a causa dei conflitti armati. Maria, Regina della Pace, interceda perché i popoli trovino la via della pace.”

Digiuno e preghiera diventano così gesto poetico: silenzio che parla, astinenza che apre lo spazio al divino, supplica che porta con sé il respiro del mondo intero. Non è rituale vuoto, ma seme gettato in terreni aridi, luce che illumina le ombre, eco di un amore che non si arrende.

Domani, 22 agosto, milioni di cuori batteranno insieme, offrendo il loro silenzio come ponte tra le ferite. E mentre le mani si uniscono in preghiera, il mondo intero può sentire che la pace, pur fragile, è possibile. Perché l’ultima parola non appartiene mai al rancore o alla violenza, ma a quell’amore silenzioso che sa ricomporre, rigenerare e fiorire anche dove tutto sembrava perduto.