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venerdì, 22 Agosto, 2025
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Un nuovo protagonismo europeo: la politica come forma e sostanza

L’Europa ha bisogno di tornare a una politica che dia nuovo peso alla forma, perché nella democrazia le regole e le procedure non sono un orpello, ma il cuore stesso della sostanza.

Dopo il vertice di Washington e il recente incontro tra i leader europei volto a riaprire con determinazione un percorso di pace tanto necessario quanto tardivo, si è finalmente percepito un nuovo, seppur timido, protagonismo dell’Europa. Una volontà, per quanto fragile, di recuperare un ruolo attivo nella diplomazia internazionale e nella gestione delle crisi tra i singoli paesi.

Ed è in questo contesto che ci si trova a riflettere, con più urgenza, non solo sulle scelte di merito, ma sulle modalità con cui la politica si muove. Perché è evidente a molti che certe modalità di fare politica lente, disarticolate, indecise, e a volte anche ininfluenti nonché irrilevanti, non sono più sostenibili.

Una diplomazia con etica della responsabilità

Quando la politica si attarda in esitazioni formali, o si rifugia nell’ambiguità procedurale, le conseguenze non solo teoriche sono distruzione, sono vite innocenti sacrificate sull’altare del puro potere. Serve, allora, una politica estera europea che torni ad avere visione e spessore.

Una politica che ricordi, ad esempio, quella diplomazia paziente e determinata, radicata in un’idea di politica come servizio alla persona e non al solo potere, che l’Italia seppe esercitare in passato. Basti pensare al ruolo della Democrazia Cristiana, capace di muoversi con intelligenza e misura anche nei contesti più delicati e complicati nei singoli rapporti di forza.

La forma come sostanza della politica

Non si trattava, infatti, di una diplomazia priva di anima politica, o indifferente a livello culturale. Era un agire politico guidato da una visione chiara, sorretto da un’etica della responsabilità e fondato su un’idea della persona come misura e orizzonte di ogni scelta.

Oggi, in una stagione segnata da una crescente superficialità strategica e dalla forza come linguaggio dominante delle relazioni internazionali, quello stile appare lontano e quasi indecifrabile. Ma non dovrebbe esserlo. In politica, la forma non è una cornice opzionale, ma un elemento strutturale.

Il rischio del populismo istituzionale

In alcune recenti dinamiche europee – dalle nomine nelle istituzioni comunitarie gestite più come spartizione di potere tra capi di governo che come processo trasparente e democratico, alle forzature nei tempi di approvazione di pacchetti legislativi strategici – si percepisce un’inquietante disinvoltura nell’aggirare le forme.

Un’irritualità che non nasce dal basso, ma dal vertice. Quando la forma viene trascurata in nome dell’efficienza o della rapidità decisionale, spesso si cela una più sottile forma di populismo istituzionale, quello che predica il “fare” a ogni costo, anche a scapito delle regole.

La spettacolarizzazione del potere

Un altro sintomo di questa tendenza lo vediamo nella crescente personalizzazione della politica. I leader europei comunicano ormai più come influencer che come rappresentanti istituzionali. I tweet sostituiscono i comunicati, i video emozionali prendono il posto dei documenti ufficiali, le dichiarazioni estemporanee prevalgono sulle sintesi condivise.

Anche qui non è solo una questione di stile, ma di sostanza. Quando le decisioni vengono anticipate dai canali social di un singolo leader, prima ancora che nelle sedi istituzionali competenti, si rompe un equilibrio.

Difendere le regole, difendere la democrazia

Cosa ci insegna questa deriva? Una responsabilità condivisa. Dobbiamo chiederci: l’irritualità nella forma è un problema solo dei politici o anche nostro, dei cittadini, dei media, degli intellettuali? Se tolleriamo, o peggio applaudiamo, la scorciatoia comunicativa, il bypass procedurale, la spettacolarizzazione del potere, allora siamo complici di un processo di svuotamento democratico.

Essere europei non significa solo avere una moneta comune o attraversare confini senza passaporto. Significa difendere un modello politico fondato su regole, equilibrio, trasparenza.

 

La forma come atto di resistenza democratica

Ciò che ci deve far riflettere è la tendenza, sempre più normalizzata, a considerare le forme come ostacoli anziché come strumenti di civiltà politica. L’Europa, oggi, ha bisogno non di meno ritualità, ma di più regole rispettate e condivise.

Ha bisogno di una politica che rispetti il metodo anche quando è faticoso, che scelga la trasparenza anche quando non è conveniente, che comunichi con sobrietà anche quando la tentazione del populismo è forte.

Perché in politica, come nella vita, la forma è sostanza. E difenderla è forse l’atto più radicale di resistenza democratica che possiamo compiere.