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venerdì, 22 Agosto, 2025
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Decaro e l’articolo 7 della costituzione romana

È l’articolo, invero immaginifico, reso famoso da Massimo Giallini. Forse, scrive il nostro impertinente commentatore, bisogna davvero appellarsi al motto romanesco che il bravo attore consiglia di usare in certe circostanze.

Caro direttore,

mi sono divertito in questo scorcio di vacanze all’ascolto di Giallini sull’impellenza di un motto romanesco a riguardo della maniera per chiudere un discorso. Mi è servito per affrontare con giusta leggerezza il “caso Decaro”.

Finalmente l’ex sindaco di Bari e attuale europarlamentare del Pd ha deciso di rendere noto il suo pensiero sulla candidatura a presidente della Regione Puglia. Inizia così il suo messaggio su facebook: “Sono rimasto in silenzio finora, per rispetto della nostra comunità. Ma oggi sento il dovere di parlare ai cittadini pugliesi, ai sindaci, ai militanti e agli amici che mi chiedono: “Antonio, che hai deciso?”. Io non devo decidere nulla”.

Come nulla?! Attenzione, quel nulla non è il nulla che si usa normalmente, quando si parla tra persone normali; è il nulla che trascende la semantica ed enuncia in via subliminale . In tarda lingua bizantina –  una ruvida ammonizione. Chi deve capire, capisca.

Il nodo della questione non è un mistero poiché riguarda il rapporto con i suoi sponsor principali, evidentemente generosi ma al tempo stesso ingombranti. Dice infatti Decaro: “A Michele Emiliano e a Nichi Vendola mi legano stima e affetto sinceri, oltre che una storia comune di cui sono orgoglioso e che non rinnego. Ma io voglio essere un presidente libero, capace di assumermi fino in fondo la responsabilità delle scelte. Non voglio essere ostaggio delle decisioni di chi mi ha preceduto. La Puglia non ha bisogno di un presidente a metà”. Insomma, Emiliano e Vendola lo vorrebbero Presidente a patto di tenerlo in ostaggio.

Sorprende, questa impuntantura. In altri contesti, all’epoca della torbida partitocrazia, avrebbe avuto pure un senso, ma non certo ora sotto il limpido cielo dell’elezione diretta di sindaci e governatori. Spunta allora qualche interrogativo. Perché mai, una volta eletto, Decaro dovrebbe sentirsi poco libero? Come farebbero quegli amici che pure stima e a cui vuole bene a renderlo domani un “presidente a metà”? Dietro l’impianto complessivo della candidatura – accordo di coalizione, programma di governo, gruppo dirigente – può agire o interferire un potere antecedente e superiore a quello che scaturisce dall’investitura popolare?

“È una questione politica, nel segno del rinnovamento”, precisa Decaro. In effetti… E poi, sfoderate le unghie, così conclude: “So bene che nessuno è indispensabile a cominciare da me. Il lavoro in Europa che sto facendo è importante, prestigioso e impegnativo. Se non ci saranno le condizioni per tornare in Puglia, continuerò a lavorare lì, per la mia terra, sostenendo lealmente il candidato progressista alla guida della Regione”. E tutto questo, naturalmente, in nome di un bene superiore, quello del “futuro dei pugliesi”. Dunque, per quel futuro Decaro è pronto a ritirarsi; o forse no, forse è vero il contrario. Certo è che, adombrando e alludendo, il candidato s’è spinto fino a prununciare un addio che suona grifagno.

Ebbene, dopo tanto penare nell’interpetazione del verbo decariano, pugliesi o non pugliesi avrebbero tutti il diritto di ricorrere all’articolo 7 della costituzione romana, reso famoso appunto dal bravissimo Massimo Giallini. Un modo elegante per uscire dal garbuglio di questa discussione.

Cordialmente

P.S. A beneficio dei nostri lettori 👉 Guarda qui la “video lezione” di Massimo Giallini