22.4 C
Roma
mercoledì, 17 Settembre, 2025
Home GiornaleServe una sinistra sociale e non una sinistra populista

Serve una sinistra sociale e non una sinistra populista

La questione sociale è ancora oggi il banco di prova per distinguere tra chi sceglie la via riformista e democratica e chi si rifugia nel populismo e nell’assistenzialismo.

La questione sociale, purtroppo, resta una costante della politica italiana. E non solo italiana, com’è a tutti evidente. Ma nel nostro Paese, seppur nelle diverse fasi storiche, la questione sociale si è manifestata più o meno intensamente e una politica autenticamente democratica, riformista e anche costituzionale non si può voltare dall’altra parte.

E non solo per una motivazione sociale – o cristiana per chi ha quella cultura – ma anche, e soprattutto, per una ragione profondamente e squisitamente politica. Perché il perseguimento della giustizia sociale resta un obiettivo che nessuna forza politica democratica può rinnegare o, peggio ancora, aggirare.

Sinistra sociale e sinistra populista

Su questo versante, però, non tutte le risposte sono uguali. Anzi, il più delle volte sono profondamente diverse se non addirittura alternative. La differenza più macroscopica è quella tra la sinistra sociale – soprattutto quella di ispirazione cristiana – e la sinistra populista o assistenziale o pauperista.

La prima è quella che storicamente ha caratterizzato l’esperienza della Dc, sopravvissuta nel Ppi e nella Margherita e in parte, ma con minor incisività, nella prima fase del Pd. La seconda ha trovato spazio con i partiti populisti e qualunquisti, fino a trovare la sua compiutezza con il Movimento 5 Stelle, prima di Grillo e poi, soprattutto, di Conte.

La via delle riforme

La sinistra sociale parte dai problemi reali e cerca di affrontarli con le armi della politica e delle riforme. Un esempio fra tutti: lo Statuto dei Lavoratori del 1970, varato dal “ministro dei lavoratori” Carlo Donat-Cattin.Ad un problema drammatico – dare dignità ai lavoratori e promuovere i ceti popolari – si rispose con riforme strutturali, non con sussidi a pioggia o provvedimenti tampone. Valeva anche per la contrattazione locale e nazionale: il nodo era abbattere i bassi salari e migliorare le condizioni di vita. Ancora una volta, riforme e non sussidi.

Deriva assistenzialista? La strada è un’altra

Ben diverso è il metodo della sinistra populista, qualunquista e vagamente assistenziale, inaugurato a livello nazionale dal Movimento 5 Stelle. La misura simbolo, il “reddito di cittadinanza”, ne è l’emblema.

Una strategia che oggi si vuole estendere anche a livello regionale, come emerge dai programmi in vista delle prossime elezioni. Una strategia che cavalca gli istinti più triviali della pubblica opinione, offrendo risposte deboli, transitorie e prive di organicità riformista.

Ecco perché, di fronte a una questione sociale sempre più urgente, occorre scegliere: da una parte chi intende riproporre un approccio politico, riformista e democratico; dall’altra chi privilegia la strada del populismo e della demagogia.

Questa è, e resta, la differenza di fondo che divide la sinistra sociale – spesso di ispirazione cristiana ma non solo – dalla sinistra populista e pauperista.