26.6 C
Roma
martedì, 2 Settembre, 2025
Home GiornaleEffetto Trump: India più lontana dagli USA e più vicina alla Cina

Effetto Trump: India più lontana dagli USA e più vicina alla Cina

Le contraddizioni del Global South si attenuano di fronte a un’America arrogante e isolata. Modi reagisce ai dazi punitivi, aprendo un varco verso Pechino e ridisegnando gli equilibri asiatici.

Sono molteplici le contraddizioni e notevoli le divisioni, anche politiche, fra i membri di quello che ora viene chiamato Global South e che si è articolato – a grandi linee (chiedo scusa per la voluta semplificazione) – in due format (BRICS+ e SCO) non perfettamente sovrapponibili ma sostanzialmente uniti nella critica severa all’Occidente con l’intendimento di prenderne il posto nelle gerarchie del potere mondiale. E ciò sulla base, anche, di oggettivi riscontri quantitativi, a cominciare da quello più semplice di tutti, la popolazione. Quella attuale e, ancor più, quella futura.

LAmerica insopportabile di Trump

Contraddizioni e divisioni, anche assai rilevanti e importanti, che la vulcanica azione di Donald Trump – arrogante, aggressiva, sgarbata – sta attenuando, perché un’America così è insopportabile anche per chi le è stato amico e alleato, figurarsi per chi non lo è mai stato.

Trump sta distruggendo il soft power americano: esempio più clamoroso in tal senso è stato il taglio radicale, praticamente la chiusura, del programma USAid: ha messo in forte difficoltà molti paesi africani, e pure asiatici e dell’America Latina, lasciando così un vuoto nel quale soprattutto la Cina potrà infilarsi ancor più di quanto già non abbia fatto sinora. La campagna sui dazi, anche solo per i toni con i quali è stata lanciata e condotta, invero offensivi, ha evidentemente irritato le classi politiche e le popolazioni di tutti i paesi, che individuano così, ora, negli USA un nemico ostile.

La Cina approfitta del vuoto

Questo iper-nazionalismo yankee sta isolando gli Stati Uniti e sta aprendo varchi insperati alla Cina. Un paradosso per chi non solo annuncia ogni giorno di essere l’unico a poter rendere “più grande” l’America ma altresì dichiara di voler tenere la Cina al suo posto, certamente dietro agli Stati Uniti.

Il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (SCO) di Tianjin è stata la dimostrazione di quanto gli errori anche di comunicazione di questa supponente Amministrazione americana siano capaci di creare danni agli Stati Uniti, e all’Occidente in generale.

Non solo per il ruolo che vi ha potuto giocare Putin. E neppure solo per quello da anfitrione e prossimo uomo più potente al mondo (così è come lo immaginano, ormai, molti dei convenuti a Tianjin) che Xi Jinping ha svolto con abilità. Ma soprattutto per aver fatto avvicinare alla Cina paesi sino ad oggi più vicini agli USA, dalla Turchia membro della NATO al Vietnam.

LIndia di Modi e lavvertimento a Washington

E poi c’è l’India. Primo paese per popolazione al mondo, con potenzialità di crescita enormi, democrazia consolidata nonostante le tentazioni autocratiche (che ormai pullulano ovunque, pare) del suo leader Narendra Modi. Trump l’ha punita con dazi monstre al 50% per punire i suoi acquisti di petrolio dalla Russia. Ma, ecco il punto, lo ha fatto con quel suo tono minaccioso e indisponente, da boss che premia o punisce a sua discrezione quasi fosse ancora il boss di The Apprentice. Qui però non siamo in un reality show. Qui siamo nel mondo reale della politica e della geopolitica. Contano i modi (e del resto lo sa anche lui, visto come ha accolto Putin in Alaska volendo mostrargli amicizia e comprensione) e contano i contesti: quei dazi imposti all’India sono invece solo stati minacciati alla Cina ma non adottati. Un affronto, per Modi, essendo l’India un partner degli Stati Uniti nel forum strategico di dialogo e cooperazione QUAD nell’indo-pacifico (con Giappone e Australia), ideato proprio per contenere le ambizioni cinesi nell’area.

Ma perché – si sarà domandato Modi – questa disparità di trattamento, posto che il primo acquirente di petrolio russo è proprio la Cina? E la risposta è giunta facile: perché Pechino ha il quasi monopolio delle terre rare, indispensabili per lo sviluppo futuro dell’industria tecnologica, campo nel quale gli USA sopravanzano chiunque. E Xi questo lo sa far pesare.

E quindi Modi andando in Cina fa sapere a Trump che, volendo, può costruirsi un’alternativa alle buone relazioni, militari incluse, con gli Stati Uniti. Anche perché se il XXI° secolo è il secolo asiatico così come il XX° è stato quello americano (e di questo in Asia sono tutti convinti) New Dehli ricorda a Washington di esserne una delle locomotive trainanti e lo sarà sempre più. Al tempo stesso non vuole affatto che il secolo divenga “cinese” invece che asiatico. Sarebbe bene, dunque, è il sottinteso, che alla Casa Bianca comprendano l’avvertimento e si comportino di conseguenza.