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martedì, 9 Settembre, 2025
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Una riforma elettorale di metà legislatura per restituire equilibrio al sistema politico

Occorre superare il bipolarismo esasperato con correttivi istituzionali capaci di valorizzare rappresentanza e pluralismo. L’idea di un rinnovo parlamentare a metà legislatura apre prospettive inedite e coraggiose per la democrazia italiana.

La recente iniziativa presentata in Cassazione per lanciare una raccolta firme intorno alla proposta di legge di iniziativa popolare, messa in campo dall’amico Ettore Bonalberti ed altri, trova da parte mia convinta condivisione e pieno sostegno.

L’iniziativa veicola, senza mezzi termini, il coraggio politico dell’amico Bonalberti e di quanti, provenienti dall’area dei cattolici democratici e dei popolari, non sono disposti a barattare i valori della piena rappresentatività di ogni angolo di territorio e del pluralismo che furono alla base delle scelte da parte dei padri costituenti, già messi alla prova da un andirivieni trentennale di bizzarre riforme elettorali, pur nella riduzione (qualcuno l’ha definita mutilazione), non senza effetti perniciosi, delle rappresentanze parlamentari portata a compimento, nella precedente legislatura, dal governo Conte II, poi sottoposta al rituale referendum, trattandosi di modifiche costituzionali, ove esprimemmo apertamente la nostra contrarietà.

I limiti delle leggi elettorali a misura di leader”

Entrando nel merito delle questioni, è obiettivamente idea comune – anche se nessuno degli odierni leader ha a cuore l’ottenimento di una effettiva rappresentatività quanto piuttosto trarre dal sistema di voto il massimo delle proprie convenienze politiche – che nessuna altra legge elettorale può essere in grado di eliminare tutti quegli effetti distorsivi che in questi trent’anni hanno prodotto le tante “trovate” su riforme elettorali inventate di volta in volta nell’idea di fregare l’avversario politico del momento.

Proporzionale con preferenze e cancellierato italiano”

L’intento dei promotori è perciò quello di avviare iniziative che “..affrontano alcune questioni centrali per la Democrazia italiana e tendono a introdurre, in quest’ottica, una nuova legge elettorale, basata su un sistema proporzionale con preferenze, che mira a restituire agli elettori il diritto di eleggere i loro rappresentanti e a ripristinare reale rappresentatività e pluralismo al Parlamento.

Ad essa si affianca l’ulteriore proposta di ”..una riforma costituzionale denominata “Cancellierato italiano”, sul modello costituzionale tedesco, che mira a rafforzare l’efficienza del Governo, senza stravolgere gli attuali equilibri istituzionali, e costituisce una seria alternativa al c.d. Premierato che invece finirebbe per depotenziare il ruolo del Capo dello Stato.”, così si legge nel Comunicato stampa del 1 settembre scorso pubblicato su Il Popolo.cloud.

Il rischio dellallontanamento degli elettori

Un coraggioso tentativo di risposta all’attacco concentrico, da parte di questo governo, all’impianto costituzionale, frutto di una virtuosa sintesi di valori e principi, che i nostri costituenti seppero tradurre nel mirabile testo entrato in vigore il primo gennaio 1948.

Mentre, ben a ragione si propone un modello di governo, ispirato alla tradizione costituzionale della Repubblica federale tedesca, con cui si è saputo coniugare il sistema proporzionale con un efficiente meccanismo di stabilità dei governi.

Non altrettanto scontata appare oggi una pedissequa applicazione nel nostro sistema politico.

Prova ne è il fatto di non cogliere forse, a sufficienza, il pernicioso peso del progressivo allontanamento di quote sempre più consistenti di elettorato, ove non appaiono estranei tutti quegli espedienti con cui si è facilmente aggirata la regola aurea della sovranità popolare.

Escamotage e distorsioni della volontà popolare

Come altro possono definirsi tutti quegli escamotage mediante i quali la scelta dei rappresentanti, in un sistema ove da tempo si sono ostracizzate le preferenze, non è più riconducibile alla volontà popolare ma a meccanismi artefatti costruiti aprioristicamente a tavolino dai capi partito?

A ciò si aggiunga il fatto che assistiamo sempre più spesso a rapidi mutamenti di opinione e di consensi, man mano che i governi entrano nella fase del cosiddetto giro di boa, vuoi per le promesse non mantenute, vuoi per effetto di ondeggiamenti di strategie sui temi cruciali della vita civile e sociale, oltre palesi ambiguità, poco rassicuranti, sul quadrante geopolitico, ora dell’uno, ora dell’altro polo.

Bipolarismo e ruolo smarrito del centro

Tutto questo si iscrive in una realtà politica che vede saldamente ancorate le due leader della maggioranza e dell’opposizione nell’idea di una convinta prosecuzione del bipolarismo.

Con buona pace per quello che può essere oggi un ruolo del centro nella crescente estremizzazione del sistema politico.

Tanto da far dire a Lorenzo Dellai su queste pagine del 6 settembre scorso: “Piantiamola di dare credito alle tante micro iniziative costruite in “franchising” da altri; di accreditare ambigue presenze “civiche” che avrebbero il ruolo di una sorta di “legione straniera” per coprire al centro il Campo Largo; di ritenerci ognuno il perno aggregatore del tutto. Oggi nessuno è in grado di farlo.

Questo stallo sostanziale, del resto, spiana solo la strada per l’espansione al centro (elettoralmente, non certo nei contenuti) della Destra al Governo.”.

Una terza via difficile ma necessaria

Coltivare allora la speranza che una proposta di riforma elettorale proporzionale ad iniziativa popolare possa mutare il sistema elettorale appare obiettivo difficilmente realizzabile.

Insomma poco efficace, a ben guardare, appare predittivamente il risultato che ci si prefigge.

Serve invece una visione più avanzata che fotografi attraverso una predisposizione di stadi elettorali di pari livello (non essendo sufficienti, come efficaci test di gradimento, l’avvicendarsi di tornate elettorali regionali come solitamente si snodano nel corso di ogni legislatura) l’effettiva aderenza tra maggioranza parlamentare e orientamento elettorale.

Il modello americano delle midterm

E non è un’invenzione di questi tempi. Basta guardare al sistema elettorale degli States, per trovare l’esatto profilo di quello che può essere disegnata come una virtuosa intermittenza codificata attraverso il meccanismo delle elezioni di medio termine (midterm election) destinato a esprimere in modo più diretto la varietà degli umori dell’opinione pubblica.

Esso appare come il modo più razionale per restare aderenti ai mutamenti dell’elettorato con il voto ogni due anni con cui si rinnova negli Usa l’integralità della Camera dei rappresentanti del Congresso, per la precisione 435 (quanto al Senato la quota di ricambio è al di sotto della metà, 30 su 100).

La palese differenza della quota rinnovabile si spiega con il fatto che la Camera dei rappresentanti, uno dei due rami del Congresso (formalmente definito in bicameralismo perfetto, ma non sono poche le differenze con il nostro sistema per alcune specificità di poteri monocamerali) viene ritenuta il ramo più popolare e diretto nel sistema di voto riguardo alle due istituzioni.

Sovranità popolare e partecipazione civica

Trattandosi di un sistema presidenziale, va da sé che tale modello non scalfisce i poteri del presidente che negli USA è il capo dell’esecutivo, fino a fine mandato.

Tuttavia uno spostamento elettorale capace di incidere sulle maggioranze, nelle due istituzioni, costringe il presidente in carica a mediazioni che oggettivamente possono indebolire la linea politica seguita fino a quel momento.

Ora è intuitivo che un tale cambiamento, se di certo va ad affievolire una certa idea di stabilità della legislatura, giova fortemente ad assicurare un’aderenza capillare al principio della sovranità popolare (art. 1 della Costituzione) perché dà alle maggioranze emerse dal voto popolare una rappresentatività effettiva della volontà dei cittadini.

Effetto che, oltre a valorizzare al massimo la tutela del pluralismo e delle minoranze, serve anche a depotenziare derive populiste ed antidemocratiche.

Oltre al fatto che non sarà minore la spinta ad una maggior partecipazione dei cittadini alla vita politica.

Una petizione popolare per la riforma costituzionale

Apriamo pertanto un cantiere per elaborare e definire una petizione popolare per la riforma degli artt. 60 e 61 e norme ad esse collegate della Costituzione, assicurando tutte le compatibilità che si richiedono con il nostro sistema basato, come è noto, sulla centralità del parlamento.

In questa visione mi pare convergente l’ipotesi di una terza via, come si domanda Marco Paolucci su questo giornale qualche giorno fa, a proposito della sfida che andrebbe affrontata nel contesto dell’attuale legge elettorale: ”..Esiste una terza strada, un’alternativa? Nell’attuale contesto e con la presente legge elettorale, sì. Con due coalizioni così polarizzate e vicine in termini di numeri, a giudicare dai recenti sondaggi, basta un gruppo indipendente che riesca a superare lo sbarramento per far saltare il banco dei due poli e impedire ad entrambi di avere la maggioranza per governare”.