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giovedì, 11 Settembre, 2025
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Israele sfida il diritto internazionale

Il raid su Hamas nella capitale del Qatar segna un passaggio critico per l’ordine mondiale: la forza si impone sulla diplomazia e la guerra diventa nuova normalità.

La notizia sferza la politica mondiale. Un raid israeliano ha colpito la capitale del Qatar, Doha, prendendo di mira alcuni vertici di Hamas. Non è stato un semplice episodio militare, ma l’ennesima dimostrazione di una strategia che da tempo mette la forza al di sopra del diritto. Israele ha scelto di colpire non in un territorio di conflitto aperto, bensì nel Qatar, nel cuore di uno Stato ritenuto solido, alleato storico degli Stati Uniti e cardine nei mercati energetici e finanziari mondiali.

 

Un atto politico oltre i confini

Un atto che travalica i confini militari per farsi messaggio politico. Ovvero, nessun luogo è intoccabile, nessuna sovranità è garantita. Secondo fonti internazionali, i vertici di Hamas erano riuniti a Doha per discutere un’ipotesi di cessate il fuoco. L’attacco ha colpito quindi non soltanto uomini armati o leader di un movimento, ma ha soprattutto interrotto un fragile nonché imprevedibile processo di mediazione.

Doha, da luogo di dialogo a bersaglio

La capitale trasformata da luogo di dialogo a bersaglio è stata violentemente trasformata in teatro di guerra. La reazione è stata immediata. Il Qatar ha condannato l’operazione come una flagrante violazione della propria sovranità. António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha parlato di “escalation inaccettabile”. La Lega araba e i vari governi della regione hanno espresso solidarietà a Doha, denunciando un gesto che crea un precedente dirompente per la stabilità dell’intera area.

Israele ha rivendicato apertamente la responsabilità dell’operazione, confermando la natura deliberata dell’attacco militare. Non un atto di difesa, ma una scelta politica consapevole che ribadisce la volontà di imporsi con la forza, anche al prezzo di incrinare il già fragile equilibrio internazionale.

 

Il primato della forza sul diritto

È la stessa logica che, negli ultimi anni, ha spinto Israele ad agire oltre i confini, mettendo in discussione la legalità internazionale e riducendo lo spazio della diplomazia a mero esercizio retorico. Dietro le dichiarazioni e le strategie purtroppo resta il costo umano. I cittadini di Doha hanno sperimentato la vulnerabilità di una città che si pensava al riparo dalla guerra.

Questo è il volto reale della crisi: uomini, donne e bambini costretti a subire le conseguenze di decisioni che privilegiano la forza sugli strumenti della pace. Dal punto di vista politico, Doha sotto le bombe è il segno di un passaggio critico, laddove il messaggio è inequivocabile: la forza si è imposta sul diritto, la diplomazia è stata marginalizzata e la violenza rischia di consolidarsi come nuova normalità.

Un avvertimento al mondo arabo e alla comunità internazionale

Non si tratta soltanto di Hamas, ma di un avvertimento rivolto a tutto il mondo arabo e, più in generale, alla comunità internazionale. È come se Israele avesse scelto deliberatamente di anteporre la dimostrazione di forza a ogni altra considerazione, compreso il diritto internazionale e le regole minime della convivenza tra Stati.

Il significato politico è evidente. Il capo del governo israeliano ha voluto mostrare la capacità di colpire ovunque, anche in uno spazio considerato sicuro e protetto da alleanze strategiche. In questo modo ha trasmesso un messaggio che va oltre lo scontro con Hamas, investendo l’intero mondo arabo e la comunità internazionale.

 

La normalizzazione della guerra

Con l’ammissione piena della responsabilità dell’operazione, Israele ha reso chiaro che l’azione non è stata frutto di circostanze occasionali, ma una scelta deliberata che afferma la spregiudicata supremazia della forza rispetto al quadro normativo e diplomatico. Se la comunità internazionale non troverà il coraggio di rispondere con decisione politica e strumenti efficaci, la normalizzazione della guerra rischia di diventare la cifra dominante dei prossimi anni.

L’attacco segna quindi un passaggio critico. Rivela come la forza abbia assunto una posizione di primato sul diritto e come persino gli Stati più stabili possano ritrovarsi esposti. Senza un impegno politico concreto capace di invertire questa tendenza, la spirale della violenza rischia di consolidarsi come la nuova e fisiologica normalità internazionale. In questo scenario, le parole di Papa Prévost risuonano con forza: “Là dove la potenza divora la giustizia, non c’è futuro, ma solo macerie di umanità”.