L’eco della parata di Pechino non s’è ancora spento, ma la politica italiana ha pensato bene di rintanarsi subito nella grande guerra delle regionali. Come a voler sfuggire a un dilemma globale rifugiandosi nel cortile di casa. Si può capire. Saremo noi, gli elettori, a decidere il destino delle regioni contese. Mentre ci attanaglia la lucida percezione che il mondo va per suo conto in una direzione che ci appare sempre più lontana dai nostri pensieri, ideali e interessi.
I dilemmi strategici ignorati
Eppure, quel mondo “fuor di squadra” − per dirla con Shakespeare – è davvero il campo da gioco delle nostre (s)fortune. È lì che si decide il nostro destino. E dunque servirebbe che la politica, tutta quanta, trovasse il modo di confrontarsi sui grandi dilemmi strategici che ci attanagliano. Un po’ come fecero i partiti di centro negli anni quaranta del secolo scorso. Con esiti che oggi appaiono salvifici, ma che allora furono più che controversi. E invece ci illudiamo di sfuggire a questi dilemmi. Forse perché sono scomodi. O forse perché ci sembrano al di là della nostra portata.
L’Italia e l’Europa che mancano
Sta di fatto che mai come oggi i due schieramenti in campo appaiono, a loro modo (e cioè litigando non poco), compatti e convinti. Eppure mai come oggi essi sono attraversati da contrasti profondi sul ruolo dell’Italia nel mondo. Trovano la quadra sui candidati da portare a spasso a Napoli o a Venezia. Ma sfuggono al dilemma che conta davvero. E cioè: a quale idea di mondo e di Europa si dovrebbe guardare? Così corriamo il rischio di chiuderci in una ridotta ogni giorno più angusta. Al di là della quale i missili altrui, però, si avvicinano sempre più minacciosamente.
Fonte: La Voce del Popolo – Giovedì 11 settembre 2025
[Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del direttore del settimanale della diocesi di Brescia]