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domenica, 5 Ottobre, 2025
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Olmert sfida Netanyahu e rilancia la pace con i palestinesi

L’ex premier israeliano, moderato centrista, rompe gli schemi alla Festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia: “Solo Trump può fermare la guerra. Se vuole il Nobel, lo faccia adesso”.

Ehud Olmert, ex primo ministro di Israele, moderato, ha scelto un palcoscenico inusuale per la politica mediorientale – la Festa nazionale dell’Unità a Reggio Emilia – per lanciare un messaggio forte e coraggioso. “Non sostengo assolutamente il governo di Israele e spero che venga sostituito molto presto”, ha dichiarato Olmert, in aperta rottura con la linea di Benjamin Netanyahu.

Ma non si è fermato qui. Con un’affermazione destinata a far discutere, ha sostenuto che nessun leader europeo possiede la forza politica per imporre a Israele lo stop alla guerra. “Solo Trump ha questo potere – ha detto – e se vuole ricevere il premio Nobel per la pace deve farlo adesso”. Una frase che intreccia realismo politico e provocazione simbolica, capace di spostare l’attenzione internazionale.

La scelta della coerenza

Consapevole del peso delle sue parole, Olmert ha voluto chiarire di non essere solito partecipare all’estero ad attività di partito, né di maggioranza né di opposizione. Eppure, di fronte all’attuale deriva del governo israeliano, ha sentito la responsabilità di agire: “Non ho esitato, ho fatto campagne contro il governo con tutto il potere che mi ritrovo, perché non lo sostengo e voglio che cada presto”.

Il richiamo alla responsabilità personale rivela la tensione interiore di un uomo che non si limita a criticare da lontano, ma scende in campo, assumendosi il rischio politico di parole nette.

Una collaborazione inedita

L’elemento più sorprendente della sua sortita è la collaborazione annunciata con Naser Al Qudwa, ex ministro degli Esteri dell’Autorità palestinese e storico diplomatico vicino a Yasser Arafat. “Siamo gli unici a rappresentare insieme le due parti, palestinesi e israeliani – ha detto Olmert – e stiamo lavorando per lo stesso scopo: superare le ostilità, l’odio, la violenza e terminare quello che avviene a Gaza”.

Il quadro che ne emerge è quello di una politica che prova a ricostruire ponti laddove da anni prevalgono diffidenza e diffidenza reciproca. Non un’utopia, ma un tentativo concreto di rilanciare il dialogo bilaterale.

Lobiettivo dei due Stati

Il cuore del discorso è stato il rilancio della soluzione a due Stati, da anni sepolta sotto le macerie dei conflitti e dei nazionalismi. “Dobbiamo cominciare i negoziati che porteranno a una pace globale tra Israele e Palestina sulla base di due Stati che possano vivere l’uno accanto all’altro, in pace, con rispetto reciproco e soprattutto in sicurezza per entrambi”.

Una prospettiva che l’ex premier non propone come slogan retorico, ma come necessità politica per evitare la dissoluzione della convivenza.

Una voce fuori dal coro

In un contesto segnato dal linguaggio della forza, la voce di Olmert si distingue per realismo e coraggio. Non è un leader della sinistra radicale, né un outsider del sistema politico israeliano: è stato premier, erede di Ariel Sharon, e oggi sceglie di non tacere di fronte a ciò che considera un pericolo per la democrazia e la pace.

Le sue parole, accolte con attenzione in Italia, hanno il sapore di un ammonimento rivolto non solo a Netanyahu, ma anche all’Europa, incapace di esercitare influenza reale. È invece verso Washington che Olmert rivolge lo sguardo, indicando paradossalmente in Donald Trump l’unico in grado di forzare lo stallo. Un messaggio che, pur discutibile, restituisce la misura della disperazione e della urgenza del momento.

La presa di posizione dell’ex premier israeliano potrebbe aprire spiragli nel dibattito internazionale e restituire centralità a una prospettiva di convivenza che sembrava perduta. E proprio per questo la sua sortita coraggiosa merita ascolto, non solo nel suo Paese, ma anche nel cuore dell’Europa.