Il dibattito contemporaneo sull’economia ci mette di fronte a una sfida cruciale: come conciliare competitività e solidarietà, crescita e inclusione? L’esperienza di reti civili come FareRete InnovAzione BeneComune APS dimostra che è possibile promuovere modelli economici che non riducano l’uomo a “merce di scambio”, ma lo valorizzino come persona e cittadino.
Come sottolinea Leonardo Becchetti, la fraternità e l’intelligenza relazionale diventano le chiavi per superare crisi economiche e sociali, aprendo a un’economia civile capace di generare valore condiviso. L’impresa del Bene Comune non misura il proprio successo solo in termini di profitto, ma nella capacità di creare lavoro dignitoso, sostenere la coesione sociale, custodire l’ambiente e innovare responsabilmente.
Le imprese familiari, le PMI, i negozi di prossimità – troppo spesso schiacciati tra logiche di mercato e burocrazie penalizzanti – rappresentano oggi un presidio sociale ed economico che andrebbe sostenuto con politiche mirate, microcredito, e forme di flexsecurity pensate su misura. In questo senso, l’economia civile può diventare l’architrave di una società più giusta, capace di redistribuire valore senza rinunciare all’efficienza.
Lo sviluppo sostenibile, come ricorda Giuseppe Assogna, non può che passare da prevenzione, educazione alla salute e tecnologie inclusive. Una visione economica che investa sulla salute pubblica, sull’innovazione digitale, sulla formazione continua, non solo rafforza la produttività ma genera benessere collettivo e riduce le disuguaglianze.
Approfondimento: il contributo di Leonardo Bianchi
Leonardo Bianchi, giurista, nel suo intervento “La dimensione costituzionale della centralità della persona umana oggi per domani: Il fine vita”, richiama il principio del personalismo comunitario come paradigma fondante del nostro ordinamento. Questo approccio, sottolinea Bianchi, impone di mettere al centro della riflessione giuridica il concetto di persona umana e le sue implicazioni concrete, anche in rapporto alle sfide poste dall’innovazione.
Il tema del fine vita diventa così banco di prova per misurare la capacità di una società di custodire la dignità della persona, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo e della Corte costituzionale. L’attenzione alla cura, soprattutto in momenti di fragilità estrema, non può essere ridotta a mero dato tecnico o normativo: essa rimanda a una responsabilità collettiva, che integra etica, diritto e umanizzazione.
Il suo contributo offre uno sguardo giuridico che dialoga con le altre dimensioni del Simposio, rafforzando la visione di un umanesimo civile in cui economia, spiritualità e diritto convergono per porre sempre la persona al centro.
Tensione verso l’Assoluto e cura dell’essere
Accanto alla dimensione economica, emerge con forza la questione spirituale: quale visione dell’uomo e della vita ispira le nostre scelte?
Suor Monia richiama la necessità di un nuovo umanesimo che restituisca dignità alla persona, dopo decenni di dominio della tecnica e dell’individualismo. È la riscoperta dello spirito che permette di dare senso alle trasformazioni sociali e tecnologiche, evitando che l’uomo resti prigioniero di un orizzonte “asfittico” e autoreferenziale.
Anche Armando Dicone, nel suo contributo sull’Umanesimo Civile 5.0, ci ricorda che la “questione dell’uomo” deve tornare al centro della politica e della cultura: libertà, solidarietà, responsabilità e partecipazione sono le basi di una società capace di affrontare le sfide globali senza perdere il senso del limite e dell’interdipendenza.
Spiritualità e fede non sono quindi sfere private da confinare, ma fonti vive che alimentano l’agire per il bene comune. Esse insegnano ad abitare la complessità con fiducia, a custodire la dignità di ciascuno, a coltivare l’empatia e la cura come valori universali.
Verso un nuovo paradigma
Mettere insieme impresa del bene comune e valori spirituali significa ripensare i modelli di convivenza:
- l’economia deve farsi inclusiva, sostenibile e relazionale;
- la spiritualità deve tradursi in prassi quotidiana di cura, fraternità e solidarietà.
Solo così potremo costruire una civiltà che non tema l’innovazione, ma sappia orientarla a favore della dignità umana e della giustizia sociale. L’umanesimo civile di cui parliamo non è nostalgico né astratto: è un progetto concreto che unisce sviluppo economico e tensione spirituale, progresso tecnico e ricerca di senso, in un’alleanza generativa per il futuro.
Breve biografia
Rosapia Farese è Presidente dell’Associazione FareRete InnovAzione BeneComune APS, impegnata da oltre dieci anni nella promozione di reti sociali e progetti orientati al Bene Comune. Esperta di innovazione sociale e processi partecipativi, coordina iniziative culturali, formative e istituzionali volte a favorire coesione, sviluppo sostenibile e umanizzazione della società.