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sabato, 20 Settembre, 2025
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Ma gli statisti non torneranno più?

La politica italiana appare sempre più priva di figure solide e autorevoli: il rischio è una deriva di fragilità istituzionale e culturale, senza veri punti di riferimento.

C’è una domanda che, purtroppo, continua ad essere inevasa e che, altrettanto puntualmente, continua a non avere risposte convincenti e rassicuranti. Ovvero, ma gli statisti – quelli che abbiamo conosciuto nella prima repubblica e all’inizio della seconda repubblica – torneranno ancora nella cittadella politica italiana? Certo, i grandi leader e, a maggior ragione, gli statisti non lasciano mai eredi. Né eredi né indiretti.

Altri tempi, altre leadership

Per essere ancora più chiari, e per fare un solo esempio storico e concreto, non è più la stagione dove un leader carismatico come Carlo Donat-Cattin indicava durante un convegno – il tradizionale incontro della sinistra sociale della Dc di Forze Nuove nel lontano settembre 1990 – il suo successore alla guida di quella componente all’interno della Dc. E cioè Franco Marini, altro storico leader del sindacato e del cattolicesimo sociale italiano. Altri tempi, altre modalità politiche ed organizzative e, soprattutto, altre leadership politiche.

Partiti deboli e capi spregiudicati

Ma, per tornare alla domanda iniziale, se gli statisti ormai sono scomparsi dall’orizzonte, se i veri leader politici si contano sulle dita di una sola mano attualmente nel nostro paese, come è possibile che la politica ritorni alla sua naturale ed antica credibilità, che i partiti non siano solo e soltanto grigi cartelli elettorali a disposizione di capi spregiudicati ed amorali, che le culture politiche non siano solo pallidi ricordi di un passato archiviato se non addirittura storicizzato?

Sono domande, credo, legittime che non possiamo non farci soprattutto in una fase storica che richiede veri ed autentici punti di riferimento. Solidi, credibili, autorevoli e riconosciuti. Statisti anche di fama europea ed internazionale. Ma anche, e soprattutto, di rilievo nazionale. Fuorché qualcuno pensi, realmente, che il nostro futuro sempre più incerto ed inquietante possa essere gestito dai vari Fratoianni, Bonelli, Salvini, Conte o Vannacci. In gioco, infatti, c’è la prospettiva e la credibilità della nostra politica e della nostra storia culturale ed istituzionale.

La necessità di punti di riferimento

Del resto, è appena sufficiente ricordare che in tutti i tornanti più delicati della nostra storia democratica, e al di là delle stesse e a volte anche violente contrapposizioni ideologiche, il paese ha sempre avuto dei punti di riferimento. Politici, istituzionali e di governo. Nel senso che sapevano essere interpreti e fautori di una vera e propria cultura di governo. Certo, non erano né populisti, né radicali, né massimalisti, né estremisti o qualunquisti. Queste sono categorie che esulano, appunto, radicalmente da qualsiasi cultura di governo e dalla concreta capacità di offrire una prospettiva certa, granitica e democratica al futuro del nostro sistema istituzionale e politico.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, il tema delle leadership politiche ed istituzionali non è più una variabile indipendente ai fini della credibilità e della serietà del nostro sistema politico. Perché senza punti di riferimento riconosciuti ed autorevoli è lo stesso sistema paese che rischia di continuare a sbandare e di essere esposto ai venti della instabilità, della fragilità e della scarsa considerazione a livello nazionale, europeo ed internazionale. Sarebbe consigliabile pensarci prima che sia troppo tardi.