Un’indagine Ipsos di appena un anno fa registra che il 59,9% degli italiani ha paura che scoppi una nuova guerra mondiale, e che coinvolga anche l’Italia. Mentre il Rapporto Italia 2025 di Eurispes ci ha avvertito che il 46,1% degli italiani teme lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale, infine il Censis, con un suo sondaggio di quest’anno, rileva che il 31% degli italiani ritiene che l’Italia nei prossimi cinque anni sarà coinvolta in una guerra.
Un mondo che vive nella paura
Stando così le cose, bisognerebbe sollecitare gli studiosi e gli editorialisti – non solo quelli esperti di geopolitica, ma soprattutto gli psicologi sociali – a parlarne continuamente. Occorrono dibattiti, tavole rotonde, incontri a tappeto partecipati dalla gente comune, trasmissioni televisive, perché la cronaca giornalistica che ormai insiste solo su ciò che succede nella giornata non basta più.
In buona parte del mondo la gente vive da tempo in compagnia di uno stato di paura. Il Covid è alle spalle. E anche in Italia le preoccupazioni e i timori, come abbiamo visto, non mancano. La paura sociale di interi gruppi umani e di interi Stati e Paesi, con gli annessi disturbi di ansia, è ai nostri giorni in continuo aumento. Paure e ansie rinforzate e influenzate dai telegiornali quotidiani, che con le loro notizie trasmettono da qualche anno immagini dolorose e angoscianti, che fino a tempo fa non si supponeva neanche lontanamente di vedere, perché collocate solo nella più banale filmografia di guerra.
Tensioni globali e conflitti irrisolti
Abbiamo poi anche scoperto e capito che le lotte al coltello di un nuovo capitalismo di mercato mondiale, con i suoi pacchetti di sanzioni fra nemici, dazi alti, minacce di stop alle importazioni e al gas russo, non bastano! L’Estonia e gli sconfinamenti nei suoi confini dei Mig di Putin, con i caccia italiani alzatisi in volo, sono l’ultimo episodio di appena l’altro ieri. Gaza, poi, non fa più notizia. Un nobile Stato con una nobile storia alle spalle, come Israele, è riuscito col suo attuale capo-padrone Netanyahu – spesso presente al Muro del Pianto con il suo bigliettino, con sopra scritto che cosa non è però chiaro – a farsi odiare un poco da tutto il mondo, come mai prima d’ora.
Amici e nemici: la deriva delle semplificazioni
Si respira dunque una pericolosa contrapposizione tra amici e nemici. Che, come molti ricorderanno, è una spaccatura sociale insanabile e naturale di stampo nazista e di supremazia ariana. Con alle spalle un capo forte che comanda con le sue personali e solitarie decisioni, evitando quel confronto, fondamento della democrazia di tutti i tempi. Una contrapposizione che, per abitudine semplificativa, i mass media vecchi e nuovi continuano a definire tra le sinistre e le destre del mondo, senza mai chiarire bene cosa significhi e cosa sia ai nostri giorni questa storica diade di contrapposizioni orizzontali.
Dico questo perché sono invece certo che, se vogliamo usare la distinzione lungimirante suggerita da Norberto Bobbio, capiremmo molto di più. Solo che bisognerebbe allora sempre dire che da una parte siamo veramente nelle mani della ricerca e della scommessa verso l’uguaglianza; e dall’altra della convinzione e del tifo verso l’ineguaglianza. Da un lato sovrani, con una forte attenzione alla propria identità, alla propria nazione, alla propria lingua, alle proprie tradizioni, accompagnati dal pericolo incipiente di “sostituzioni etniche”; con un tifo convinto e individualista della diseguaglianza, e con l’odio per il diverso. Dall’altro una realistica apertura etica al globalismo, alla fraternità universale, alla pace, con il gusto e la scelta per l’uguaglianza e il rispetto per il diverso: fondamenti laici, come ci ha ricordato la Francia della sua Rivoluzione settecentesca, del cristianesimo e del cattolicesimo.