Dopo la frattura con Conte (che lui stesso aveva portato alla ribalta del Movimento) e i 5 Stelle (rimasti con il loro capo politico legati al palo della demagogia e dell’opposizione negazionista e preconcetta) e dopo la mancata rielezione in Parlamento con un proprio partito politico – “Impegno civico” in tandem con il Centro democratico di Bruno Tabacci – Luigi Di Maio ha da oltre due anni trovato una collocazione internazionale di prestigio. Proposto dal Governo a guida Mario Draghi (di cui aveva fatto parte come Ministro degli Esteri–incarico prorogato dal Conte-bis- dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022, giorno di insediamento del Governo Meloni e dimessosi da Segretario di impegno Civico) come Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico, viene scelto in una rosa di quattro candidati dall’Alto rappresentante Josep Borrell come “rappresentante ufficiale dell’U.E. per il Golfo Persico e assume l’incarico il 1º giugno 2023.
Un incarico di peso internazionale
Viene riconfermato il 15 gennaio 2025 per ulteriori due anni da Kaja Kallas, donna politica estone, succeduta a Borrell nella carica di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a sua volta designata dal 1º dicembre 2024 dalla Presidente della Commissione U.E. Ursula von der Leyen. Nel conferire la proroga dell’incarico di Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, ha motivato la prorogatio di Luigi Di Maio per l’«eccellente prestazione» e il «grande contributo» alla politica estera dell’Unione Europea. Un endorsement di assoluto rilievo per lo svolgimento di un incarico istituzionale nato con la sua nomina che si suppone non gli abbia fatto rimpiangere le beghe politiche del Belpaese, proiettandolo su una ribalta internazionale – peraltro con una retribuzione simile a quella di un parlamentare – dove il giovane politico di Avellino , cresciuto (anche politicamente) a Pomigliano d’Arco sta dimostrando di trovarsi a suo agio, nelle relazioni politiche che lo rendono interlocutore tra U.E. e Golfo Persico, esprimendo una dimensione potenzialmente strategica in questa fase storica: nel Golfo Persico si affacciano infatti Paesi come Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran.
Il contesto geopolitico
Una sorta di figura diplomatica che promuove gli interessi politici e cura le relazioni dell’Unione in questa regione del mondo, spesso caratterizzata da crisi ricorrenti e instabilità delle relazioni fra gli Stati. Una realtà istituzionale tutta da costruire visto che l’Ue finora non ha mai avuto un rappresentante speciale nei Paesi del Golfo Persico, di fatto inventata da Borrell e confermata dalla Kallas con il sostegno di Ursula von der Leyen. Osservandola dall’esterno si tratta di una presenza più silente che interventista che sta affinando l’esperienza del personaggio, in un contesto geografico potenzialmente minato dal clamore dei conflitti.
Secondo l’ISPI il recente bombardamento dell’IDF su Doha (dove erano riuniti i capi di Hamas e dove Khalil Hayya, capo negoziatore e uno dei leader di spicco dell’organizzazione palestinese, non sarebbe morto nel raid israeliano) “segna una svolta nei rapporti tra Israele e le monarchie del Golfo, mettendo in crisi gli Accordi di Abramo e in dubbio l’affidabilità degli USA”, creando uno iato tra un ´prima e un ´dopo nelle relazioni tra le monarchie del Golfo e Israele e accrescendone la distanza politica. “L’Iran, con l’attacco del 23 giugno alla base americana di Al Udeid nell’emirato, l’aveva dimostrato; Israele, con lo strike del 9 settembre contro la riunione di Hamas, lo ha ribadito”. Lo stesso rapporto tra gli USA e il Qatar apre ad una fase di stallo e incertezza, alimentata dalla volubilità e dalle instabilità decisionali di Trump (o dalla loro assenza).
Una conversione politica europea
Dopo l’abiura dell’”uno-vale-uno”, il ripensamento sul Memorandum della via della seta del marzo 2019, il riposizionamento internazionale atlantista, la difesa a oltranza dell’Ucraina, l’incardinamento istituzionale nell’U.E., l’abbandono della linea oltranzista sostenuta dai ‘gilet gialli’, la presa di distanza netta da ogni forma di populismo e negazionismo, la netta scelta europeista e filoccidentale il cattolico Di Maio si sta ritagliando uno spazio di credibilità nel panorama politico moderato europeo.
C’è da scommettere che questa sarà la via della conversione definitiva a quei valori che l’Europa esprime.
Un ruolo da mettere alla prova
La contingenza di questa fase storica che esalta la politica internazionale, le relazioni tra mondo arabo e mondo occidentale e la questione israelo-palestinese, rendono interessante il suo ruolo di rappresentanza dell’U.E. nel Golfo Persico, aprendogli potenziali spazi di mediazione, come osservatore e come propositore tecnico al decisore politico (l’U.E.) di soluzioni diplomatiche centrate sul dialogo. Non solo l’uomo del ‘relata refero’ ma un potenziale agente di relazioni di pace, nei limiti del suo mandato e – soprattutto – nei pesi e contrappesi che l’U.E. può onestamente offrire.
Abbiamo nel Golfo Persico un italiano che rappresenta la Commissione dell’U.E. come osservatore politico.
Come tutti quelli che assolvono a compiti di una certa responsabilità va messo alla prova delle evidenze e delle proposte esperibili.
Speriamo dunque che nei limiti del suo incarico sia anche lui della partita che si sta giocando in Medio Oriente.